19/03/2014
Il Testo Unico del 10 gennaio prevede
frode alla legge, discriminazioni sindacali e illeciti nei confronti
della legge e della Costituzione. Il ricorso (in allegato) depositato il
20 marzo al Tribunale di Roma.
L’USB chiede che la magistratura dichiari la
nullità di gran parte dell’accordo del 10 gennaio 2014, denominato
“Testo Unico sulla Rappresentanza”, con cui Confindustria con Cgil Cisl e
Uil, a loro parere, hanno integralmente regolato la materia della
democrazia sindacale, stabilendo sia chi ha diritto a trattare i
contratti collettivi sia chi ha diritto all’agibilità sindacale
all’interno dell’azienda.
Fra i motivi del ricorso, la frode alla legge (in
particolare dell’art. 19 della Legge 300/70) perché l’accordo è
sostenuto da motivi illeciti (la realizzazione di un accordo ad
excludendum dei possibili competitori sindacali) e perché contrario a
norme imperative sia di rango ordinario (gli art. 19 e 15 dello Statuto
dei Lavoratori e tutta la disciplina codicistica dell’arbitrato), sia di
rango costituzionale (art. 2,3, 21, 24, 39, 40, 111 Cost.).
L’USB fa inoltre riferimento alla sentenza della
Corte costituzionale (la 231 del 2013), antecedente all’accordo oggetto
del ricorso, che ha sancito i principi guida della democrazia sindacale,
affermando come l’esclusione dalla titolarità dei diritti sindacali di
“un soggetto maggiormente rappresentativo a livello aziendale o comunque
significativamente rappresentativo…viene inevitabilmente in collisione
con i precetti di cui agli artt. 2, 3 e 39 della Costituzione.” Ed in
particolare:
- dall’art. 3 è vietata ogni “disparità di trattamento che è suscettibile di ingenerare tra sindacati”;
- dall’art. 2 è vietato ogni “privilegio” o
“discriminazione” sulla base “non già del rapporto con i lavoratori …..
bensì del rapporto con l'azienda”;
- dall’art. 39 è vietato ogni pattuizione tesa a
“condiziona(re) il beneficio esclusivamente ad un atteggiamento
consonante con l'impresa” traducendosi ciò “ per un verso, in una forma
impropria di sanzione del dissenso, che innegabilmente incide,
condizionandola, sulla libertà del sindacato in ordine alla scelta delle
forme di tutela ritenute più appropriate per i suoi rappresentati;
mentre, per l'altro verso, sconta il rischio di raggiungere un punto di
equilibrio attraverso un illegittimo accordo ad excludendum””.
Ma il testo unico sulla rappresentanza prevede che:
- al di fuori di Cgil, Cisl e Uil nessun altro
sindacato - qualunque sia o sarà il suo livello di rappresentatività
nazionale (foss’anche pari al 99%)- avrà titolarità alla contrattazione
nazionale;
- al di fuori di Cgil, Cisl e Uil nessun altro
sindacato - qualunque sia o sarà il suo livello di rappresentatività
aziendale (foss’anche pari al 99%)- avrà diritto alla agibilità
sindacale in azienda ai sensi dell’art. 19 dello Statuto dei lavoratori;
- tutti i futuri contratti collettivi – sia
nazionali che aziendali – dovranno da ora in poi “prevenire e sanzionare
eventuali azioni di contrasto di ogni natura, finalizzate a
comprometterne .... l’esigibilità e l’efficacia” con la previsione di un
obbligo di “determinare le conseguenze sanzionatorie per gli eventuali
comportamenti attivi od omissivi che impediscano l'esigibilità dei
contratti collettivi", vietando così ogni iniziativa sindacale di
dissenso a partire dallo sciopero;
- le clausole transitorie e finali impongono infine
un arbitrato obbligatorio proprio per reprimere “eventuali comportamenti
non conformi agli accordi”, prevedendosi un meccanismo per la
composizione del collegio arbitrale che dovrà irrogare le sanzioni tale
per cui su 9 arbitri ben 8 saranno nominati da Cgil, Cisl, Uil e
Confindustria e 1 solo dal sindacato dissenziente.
fonte:
Braviiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!!!!Almeno qualcuno fa qualcosa!!
RispondiElimina