martedì 30 giugno 2015

Semplicemente da vergognarsi

La realtà delle cose è questa:

1) a dicembre 2014 è partita la raccolta fondi per le 2 aziende in difficoltà: l'IBAN dell'azienda A era già noto ed era possibile eseguire subito il versamento, per l'azienda B la RSU è partita senza nemmeno aver chiaro come e a chi poter consegnare i soldi;

2) a marzo 2015 è stata fatta una proroga della raccolta fondi, raccogliendo qualche briciola;

3) il 30 giugno 2015 i soldi non sono stati ancora consegnati alle 2 aziende.

Sono passati 6 mesi e questa vicenda non ha ancora una fine. Nonostante questo a maggio scorso la RSU ha "assunto l'impegno ad avviare una nuova sottoscrizione" per un'altra azienda in difficoltà...

Crediamo che a questo punto sia d'obbligo innanzitutto chiedere scusa ai lavoratori o ex lavoratori in difficoltà che la RSU ha illuso per tutto questo tempo. Immediatamente dopo pensiamo sia d'obbligo chiudere una volta per tutte questa vicenda vergognosa consegnando i soldi alle 2 aziende. 
Siamo dell'opinione che sia facile anche trovare un modo per consegnare i soldi all'azienda B che non ha un IBAN, basta volerlo!

Leggi anche:

Continental non pulisce più gli uffici


Arrivano a questo blog segnalazioni da parte di diversi impiegati che denunciano il fatto che l'azienda non pulisce più da tempo gli uffici. Le segnalazioni parlano di un ambiente molto sporco in cui il pavimento non viene ne' spazzato ne' lavato da mesi e il datore di lavoro scarica sui dipendenti l'obbligo di rimuovere la polvere dalle scrivanie.
Ricordiamo che la normativa vigente prevede "l'obbligo per il datore di lavoro di sottoporre a regolare pulitura gli ambienti di lavoro, gli impianti e i dispositivi" (Testo Unico Sicurezza).

domenica 28 giugno 2015

La lettera di Tsipras al popolo greco

«Greche e greci,
da sei mesi il governo greco conduce una battaglia in condizioni di asfissia economica mai vista, con l’obiettivo di applicare il vostro mandato del 25 gennaio a trattare con i partner europei, per porre fine all’austerity e far tornare il nostro paese al benessere e alla giustizia sociale. Per un accordo che possa essere durevole, e rispetti sia la democrazia che le comuni regole europee e che ci conduca a una definitiva uscita dalla crisi.
In tutto questo periodo di trattative ci è stato chiesto di applicare gli accordi di memorandum presi dai governi precedenti, malgrado il fatto che questi stessi siano stati condannati in modo categorico dal popolo greco alle ultime elezioni. Ma neanche per un momento abbiamo pensato di soccombere, di tradire la vostra fiducia.
Dopo cinque mesi di trattative molto dure, i nostri partner, sfortunatamente, nell’eurogruppo dell’altro ieri (giovedì n.d.t.) hanno consegnato una proposta di ultimatum indirizzata alla Repubblica e al popolo greco. Un ultimatum che è contrario, non rispetta i principi costitutivi e i valori dell’Europa, i valori della nostra comune casa europea. È stato chiesto al governo greco di accettare una proposta che carica nuovi e insopportabili pesi sul popolo greco e minaccia la ripresa della società e dell’economia, non solo mantenendo l’insicurezza generale, ma anche aumentando in modo smisurato le diseguaglianze sociali.
La proposta delle istituzioni comprende misure che prevedono una ulteriore deregolamentazione del mercato del lavoro, tagli alle pensioni, nuove diminuzioni dei salari del settore pubblico e anche l’aumento dell’IVA per i generi alimentari, per il settore della ristorazione e del turismo, e nello stesso tempo propone l’abolizione degli alleggerimenti fiscali per le isole della Grecia. Queste misure violano in modo diretto le conquiste comuni europee e i diritti fondamentali al lavoro, all’eguaglianza e alla dignità; e sono la prova che l’obiettivo di qualcuno dei nostri partner delle istituzioni non era un accordo durevole e fruttuoso per tutte le parti ma l’umiliazione di tutto il popolo greco.
Queste proposte mettono in evidenza l’attaccamento del Fondo Monetario Internazionale a una politica di austerity dura e vessatoria, e rendono più che mai attuale il bisogno che le leadership europee siano all’altezza della situazione e prendano delle iniziative che pongano finalmente fine alla crisi greca del debito pubblico, una crisi che tocca anche altri paesi europei minacciando lo stesso futuro dell’unità europea.
Greche e greci,
in questo momento pesa su di noi una responsabilità storica davanti alle lotte e ai sacrifici del popolo greco per garantire la Democrazia e la sovranità nazionale, una responsabilità davanti al futuro del nostro paese. E questa responsabilità ci obbliga a rispondere all’ultimatum secondo la volontà sovrana del popolo greco.
Poche ore fa (venerdì sera n.d.t.) si è tenuto il Consiglio dei Ministri al quale avevo proposto un referendum perché sia il popolo greco sovrano a decidere. La mia proposta è stata accettata all’unanimità.
Domani (oggi n.d.t.) si terrà l’assemblea plenaria del parlamento per deliberare sulla proposta del Consiglio dei Ministri riguardo la realizzazione di un referendum domenica 5 luglio che abbia come oggetto l’accettazione o il rifiuto della proposta delle istituzioni.
Ho già reso nota questa nostra decisione al presidente francese, alla cancelliera tedesca e al presidente della Banca Europea, e domani con una mia lettera chiederò ai leader dell’Unione Europea e delle istituzioni un prolungamento di pochi giorni del programma (di aiuti n.d.t.) per permettere al popolo greco di decidere libero da costrizioni e ricatti come è previsto dalla Costituzione del nostro paese e dalla tradizione democratica dell’Europa.
Greche e greci,
a questo ultimatum ricattatorio che ci propone di accettare una severa e umiliante austerity senza fine e senza prospettiva di ripresa sociale ed economica, vi chiedo di rispondere in modo sovrano e con fierezza, come insegna la storia dei greci. All’autoritarismo e al dispotismo dell’austerity persecutoria rispondiamo con democrazia, sangue freddo e determinazione.
La Grecia è il paese che ha fatto nascere la democrazia, e perciò deve dare una risposta vibrante di Democrazia alla comunità europea e internazionale.
E prendo io personalmente l’impegno di rispettare il risultato di questa vostra scelta democratica qualsiasi esso sia.
E sono del tutto sicuro che la vostra scelta farà onore alla storia della nostra patria e manderà un messaggio di dignità in tutto il mondo.
In questi momenti critici dobbiamo tutti ricordare che l’Europa è la casa comune dei suoi popoli. Che in Europa non ci sono padroni e ospiti. La Grecia è e rimarrà una parte imprescindibile dell’Europa, e l’Europa è parte imprescindibile della Grecia. Tuttavia un’Europa senza democrazia sarà un’Europa senza identità e senza bussola.
Vi chiamo tutti e tutte con spirito di concordia nazionale, unità e sangue freddo a prendere le decisioni di cui siamo degni. Per noi, per le generazioni che seguiranno, per la storia dei greci.
Per la sovranità e la dignità del nostro popolo».
Alexis Tsipras

venerdì 26 giugno 2015

La sollevazione in Germania. La recente ondata di scioperi può sfidare la concertazione?

Riportiamo per intero un articolo da  http://clashcityworkers.org/
"Pubblichiamo una nostra traduzione di un articolo, recentemente pubblicato sul sito della rivista statunitense Jacobin, che affronta il tema della recente ondata di scioperi in Germania. Un'ondata della quale i nostri media hanno scritto e parlato poco: è più interessante, infatti, dedicarsi in modo gossipparo allo scontro Germania-Grecia - dipingendo il popolo greco come una massa di parassiti e truffatori insolventi - che documentare il più grande ciclo di proteste del mondo del lavoro in Germania da circa 20 anni, andandone a indagare le ragioni.
In Germania hanno scioperato per giorni e giorni i ferrovieri, gli educatori e il personale paramedico; i pendolari, i genitori e i pazienti, lungi dal desolidarizzare e condannare, sono scesi in piazza e hanno contribuito alle lotte che hanno paralizzato il paese.
Perché si sciopera, nella locomotiva d'Europa? Perché il modello economico tedesco si è costruito, puramente e semplicemente, sulla continua compressione salariale, che non traspare dai confronti statistici perché in Germania il regime fiscale e contributivo è molto diverso dal nostro. Nella locomotiva d'Europa si lavora sempre di più, in condizioni sempre peggiori e a salari sempre più bassi. Per colpa del dogma dell'austerità crollano scuole e ponti, esattamente come qui. L'elemento di novità è la rottura della pace sociale: in un paese dove la concertazione è sempre stata il faro della politica sindacale, dei piccoli ma combattivi sindacati iniziano a comprendere la necessità di riprendere la strada del conflitto. Non fino in fondo, come si sottolinea nell'articolo, ma i tempi stanno cambiando anche lì, e le riflessioni che emergono da questi eventi devono essere condivise anche qui, perché è di noi che parla questa favola..."

Il modello economico tedesco non ha mantenuto le sue promesse di giustizia sociale. La recente ondata di scioperi può sfidare la concertazione?

Nelle ultime settimane, titoloni sensazionali come “Wilkommen, Streikrepublik Deutschland” (“Benvenuta, Repubblica Scioperante Tedesca”, ndT) hanno adornato i siti web delle testate d'informazione tedesche. IlSüddeutsche Zeitung, il più diffuso quotidiano tedesco, ha parlato del picco di sindacalizzazione nel paese in prima pagina. E il londinese Guardian lo ha ritenuto sufficientemente importante da pubblicare un pezzo del famoso sociologo tedesco Wolfgang Streeck intitolato “Gli scioperi che stanno attraversando la Germania sono qui per restare”.
Che cosa sta succedendo, dunque, in Germania?
In breve, la più grande ondata di scioperi da decenni: fino ad ora, quest'anno, più di 350000 giornate lavorative sono state perse negli scioperi. Questo numero era appena 156000 in totale l'anno scorso, e nel 2010 è stato solo 28000.
Piloti di aerei, conduttori di treni, postini, maestri dell'infanzia, baby sitter, solo per citare qualche caso, sono tutti stati o sono ancora in sciopero. Queste azioni sono la più grande sfida al modello economico tedesco dai tempi delle proteste contro le riforme Hartz IV – che hanno liberalizzato il mercato del lavoro – più di dieci anni fa.
Per generazioni, i sindacati tedeschi non sono stati famosi per il loro attivismo. Tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, quando in UK, Italia e Francia c'erano tutte le tipologie di fiero conflitto industriale, la Germania era in confronto calma. La concertazione corporativista del paese legava esplicitamente il destino dei lavoratori con l'economia dell'export, e i sindacati subordinavano i loro interessi a quelli dell'azienda.
Sotto alcuni aspetti il modello ha reso un buon servizio alla Germania. Il suo tasso di produttività è molto alto e i suoi beni da esportazione restano relativamente economici per i mercati esteri. I lavoratori hanno acquisito alcuni diritti democratici attraverso la politica della codeterminazione, che permette loro di eleggere rappresentanze nei consigli d'amministrazione delle compagnie. La sindacalizzazione resta, inoltre, molto più alta che negli Stati Uniti.
Tuttavia, l'intero modello è stato accusato di comprimere i salari e rendere il lavoro meno sicuro. Mentre molti liberals statunitensi hanno propagandato il modello tedesco come un successo senza ombre, c'è un sostanziale settore di bassi salari. Tra il 1998 e il 2008, il numero di lavoratori con contratto full-time è sceso di 800000 unità, mentre il numero di lavoratori con impiego precario è cresciuto di 2,4 milioni. Dal 2012, i lavoratori “atipici” rappresentano almeno il 21,2% della forza lavoro tedesca. Oggi più di 2,6 milioni di persone ha un secondo lavoro. La sindacalizzazione si è stabilizzata e il numero dei rappresentanti nei consigli di fabbrica continua a scendere. Solo il 58% della forza lavoro tedesca è coperta da un contratto collettivo. Per peggiorare la situazione, il parlamento ha appena approvato una legge che ambisce a ridurre il diritto di organizzazione e di sciopero. Questo è un diretto attacco a uno dei principali attori coinvolti nell'ondata di sciopero: il sindacato dei capotreni, il cui sciopero di 34.000 membri ha dimostrato il potere di un piccolo ma strutturalmente forte gruppo di lavoratori. Le loro interruzioni di servizio hanno lasciato a terra oltre sei milioni di passeggeri e lasciato più di 600000 tonnellate di materiali grezzi e beni nei depositi su base giornaliera. Un singolo giorno di sciopero costa circa 10 milioni di euro alle ferrovie tedesche, mentre il danno totale per l'economia tedesca di un giorno di sciopero è stato di circa 100 milioni.
A partire dalla parziale privatizzazione delle ferrovie, i capotreni sono stati pagati meno dei loro colleghi europei. Così, benchè la loro richiesta di un aumento salariale del 5%, della riduzione dell'orario di lavoro, del miglioramento delle condizioni lavorative e del diritto di rappresentare altro personale ferroviario fosse assolutamente ragionevole, è stata affrontata con profonda ostilità da politici, stampa (con poche, notevoli eccezioni, come Der Spiegel) e anche da alcuni settori sindacali (il fatto che il sindacato dei capotreni non sia il sindacato ufficiale ha reso loro e il loro leader, Klaus Weselsky, un bersaglio facile).
Se i capotreni vogliono una fetta di torta più grossa, i lavoratori ospedalieri alla Charité di Berlino vogliono impossessarsi dell'intera pasticceria. Il mese scorso, i lavoratori della Charité hanno guidato il più grande sciopero ospedaliero della storia tedesca semplicemente marciando per due giorni. Loro non chiedevano più soldi, ma un miglior rapporto percentuale tra pazienti e staff. Inoltre lo sciopero partiva da passate azioni dei lavoratori, che erano state guidate dallo staff amministrativo, i portanitni e altro personale. I lavoratori ospedalieri hanno sopportato il peso della ristrutturazione neoliberale negli ospedali, ed è su questa base che hanno costruito coalizioni vincenti con gruppi di pazienti, medici, studenti, cittadini e il partito di sinistra Die Linke.
Gli insegnanti della materna e dell'infanzia domandano un riconoscimento sociale per il loro lavoro e un aumento tra il 10 e il 15 %. Facendo ciò, hanno aperto una discussione pubblica su ciò in cui dovrebbe consistere l'educazione dell'infanzia, e sul perché persistono disuguaglianze salariali: perché un operaio qualificato di sesso maschile vale più di un educatore di sesso femminile? E se le élites politiche come la Cancelliera Merkel asseriscono l'importanza dell'educazione dell'infanzia, perché gli educatori non sono pagati il giusto? Gli insegnanti della materna e dell'infanzia non si limitano a giocare con i bambini, come suggerisce l'immagine dominante. Il loro lavoro è di tipo educativo.
Lo sciopero chiama in causa anche la politica di austerità fiscale della Merkel e del Ministro delle Finanze Wolfgang Schauble, denominata Schwarze null (Zero nero). L'obiettivo del governo di evitare il passivo in ogni caso è stata perseguita ad un costo enorme. Le città e le municipalità tedesche sono state dissanguate, le scuole cadono a pezzi e i ponti stanno per collassare. Se i lavoratori vincono, questo modello potrebbe crollare. Le municipalità tedesche dovrebbero iniziare a pagare uno stipendio decente ai lavoratori per i servizi che offrono, e i lavoratori potrebbero spingere per servizi migliori e meglio finanziati. Ricorrere all'arbitrato, però – come hanno fatto gli insegnanti della materna, alla fine del loro sciopero – rende tutto ciò improbabile.
È questo sviluppo che dovrebbe fermarci riguardo agli esuberanti proclami circa il lavoro senza fine in Germania. Sono state perse troppe opportunità e ci sono state troppe concessioni negli ultimi anni per ipotizzare un cambio di rotta radicale. Dopo tutto, questo è un paese dove ad un funzionario sindacale della IG Metall è stata affidata l'amministrazione della Volkswagen mentre azionisti e proprietari litigavano sulla strategia.
La tendenza a ricorrere all'arbitrato anche quando i genitori e la pubblica opinione erano con loro sembra confermare la visione che i sindacati tedeschi continuano ad avere sul modello della codeterminazione, un modello le cui promesse di giustizia sociale sono state smascherate troppo tardi. Oggi, la Germania è una delle società meno egualitarie in Europa. La crescita economica è arrivata ad un costo umano ed ambientale sempre più grande. Fino ad ora, gli scioperi sono stati convocati da gruppi ben organizzati di lavoratori con una lunga tradizione sindacale. Il settore a bassi salari, al contrario, è stato essenzialmente estraneo a questa sollevazione. Se è necessario diffondere le interruzioni di lavoro, i lavoratori in sciopero devono strappare concessioni al capitale per dimostrare che fermare la produzione è utile nel contesto tedesco – piuttosto che limitarsi a credere che la partnership sociale porterebbe agli stessi risultati.
Questo movimento potrebbe essere l'inizio di qualcosa di reale se i lavoratori osassero rompere con la logica che ha dominato la politica sindacale ufficiale in Germania per troppo tempo. Dopotutto, c'è stato un tempo in cui la “lingua franca” del movimento sindacale era il tedesco.

giovedì 25 giugno 2015

G.Cremaschi. Melfi: il supersfruttamento nella fabbrica del Jobs act

Ora su Twitter Renzi fa concorrenza a Chiambretti pubblicizzando l’Alfa Romeo. Pochi giorni fa il presidente del consiglio era andato in visita allo stabilimento Fiat di Melfi facendo un po’ di selfie assieme a Marchionne e a personale selezionato, ma non abbastanza visto che una lavoratrice aveva rifiutato di stringergli la mano. Il capo della  FCA  e quello del governo sono da tempo sodali e lo stabilimento lucano del gruppo è diventato l’emblema della propaganda sulla ripresa grazie alla distruzione dei diritti del lavoro. La Fiat di Melfi ha annunciato un migliaio di assunzioni ed è così diventata l’immagine vincente del Jobsact. Un’immagine diffusa dal solito regime mediatico compiacente, dietro la quale però si  nascondono il  supersfruttamento del lavoro e l’aggressione permanente alla salute  e alla dignità delle persone.
Ogni settimana quasi 200 lavoratrici e a lavoratori  si recano in infermeria. Una parte lo fa per le contusioni dovute alle postazioni  scomode e affollate, che fanno sì che le persone urtino frequentemente contro le scocche e gli impianti. Molte e molti altri invece  si ricoverano perché manifestano sintomi di  collasso provocati da eccessivi ritmi di lavoro.
Da un indagine fatta negli ospedali della regione risulta che da quando il lavoro è ripreso a pieno regime dopo la cassa integrazione, con peggiori ritmi di lavoro, le richieste da parte degli operai di controlli cardiologici sono aumentate in modo abnorme.
Altro che modernità, a Melfi si lavora secondo i più brutali canoni del fordismo dei primi del 900, con condizioni persino offensive per la dignità delle persone. In una postazione del montaggio , esattamente nel reparto motori, i due operatori sono costretti a lavorare uno sopra l’altro, fisicamente attaccati, anche  se sono un uomo ed una donna…
Nella lastratura si lavora costantemente in un’ambiente viziato dagli odori e dai fumi provocati dai tanti robot che saldano i vari pezzi della scocca, disagio aggravato dal fatto che in  tutta la fabbrica in questi mesi estivi il caldo è insopportabile. Anche perché l’azienda del munifico Marchionne, che nel 2014 ha intascato 60 milioni di euro in emolumenti e benefit, risparmia energia sui condizionatori d’aria,  che sono stati lasciati spenti fino a che non sono cominciate le proteste.
Nel 2004, dopo ventun giorni di sciopero, per i lavoratori Fiat finirono le terribili turnazioni di sabato e domenica. Ora si è tornati a lavorare per tutta la settimana, per cui al peso dei rimi di lavoro insostenibili si aggiunge la cancellazione dei ritmi di vita, in particolare di quelli familiari, per donne e uomini in gran parte pendolari da lunghe distanze. Oltre che i collassi psicofisici ci sono così quelli di nuclei familiari, nei quali i figli piccoli son lasciati senza genitori il sabato e la domenica.
La grancassa mediatica  ha molto tuonato per le centinaia di assunzioni con contratti precari realizzate per lanciare la ripresa produttiva. I giovani, in gran parte entrati attraverso i soliti canali meritocratici cioè con raccomandazioni varie, sono stati  sconvolti da come si lavora in Fiat. Avevano creduto alla propaganda sulla fabbrica moderna  ultratecnologica dove si sarebbe maturata un’alta professionalità, e si sono trovati ammucchiati nella più brutale ed antica catena di montaggio. Diversi non hanno retto e hanno abbandonato.
Ma non c’è solo passività. Un nucleo di delegati e lavoratori della FIOM ha cominciato ad organizzare una dura e difficile resistenza. Scioperi contro i turni massacranti e gli straordinari, intervento sulle condizioni di lavoro, denunce. La fabbrica non era più abituata al conflitto perché il dominio dei sindacati complici, FIM, UlLM, Fismic, che hanno sottoscritto tutti i peggioramenti delle condizioni dai lavoro, aveva coltivato la rassegnazione. Ma il nucleo FIOM, spesso neppure supportato dalla direzione nazionale,  ha dato l’esempio ed ora sui ritmi alla Charlot cominciano a comparire contestazioni diffuse. Ci vorrebbe molto di più naturalmente , ma purtroppo la Fiat di Melfi è davvero una vetrina del paese, come sostengono Renzi e Marchionne. La vetrina di un paese ove si alimenta  il senso comune secondo cui chi lavora è già fortunato e non ha null’altro da  domandare, un paese ove proprio per questo continuano a comandare i peggiori governanti e i  peggiori imprenditori.

http://sindacatounaltracosa.org/2015/06/25/g-cremaschi-melfi-il-supersfruttamento-nella-fabbrica-del-jobs-act/

mercoledì 24 giugno 2015

il manifestino: Momenti della Festa Operaia 2015

il manifestino: Momenti della Festa Operaia 2015


“Come estendere le esperienze di lotta”…questo è il titolo dato al dibattito ed è una bella domanda! E’ la domanda del secolo, quella da cento milioni di dollari, almeno in questa fase di trentennale riflusso… Anche se non sono neppure certo di averla capita: si intende con essa “estendere le lotte esterne alle fabbriche all’interno di esse”? O piuttosto “intensificare le lotte in corso all’interno di esse, condividendole con le altre fabbriche e le altre realtà”? Se la prima interpretazione della domanda è quella più giusta mi arrendo in partenza! Non è pensabile – oggi almeno! - pensare di mobilitare i lavoratori a sostegno di cause politiche o sociali che non riguardino le condizioni di lavoro e gli interessi diretti e specifici delle singole realtà produttive. Nel secondo caso invece, si può e si deve fare molto, sebbene non ci si possa aspettare grandi risultati nel breve periodo. Intanto bisogna dire che le lotte non sono tutte uguali: c’è la madre di tutte le lotte, almeno sindacalmente parlando: quella di chi lotta per il posto di lavoro, perché rischia di perderlo per delocalizzazioni o tagli del personale. C’è quella di chi lotta per veder stabilizzato il proprio lavoro precario. C’è la lotta per veder riconosciuti miglioramenti salariali o delle condizioni di lavoro, per il rinnovo del contratto, per la semplice e piena attuazione degli accordi contrattuali in essere… C’è poi la lotta per rendere (almeno!) la propria organizzazione sindacale all’altezza di queste lotte… e c’è la lotta per coinvolgere chi non sa più cosa significhi lottare! Colleghi che vedono nel sindacato un complice dalla proprietà o un esempio di malapolitica; nei delegati, dei colleghi alla ricerca di privilegi e posizioni di favore; nei colleghi di altre categorie o mansioni, gente sempre e comunque “trattata meglio”….Si è persa completamente quella che si chiama “coscienza di classe”, si è lasciato dilagare anche all’interno delle fabbriche l’individualismo, le difese corporative e le rivendicazioni particolaristiche; si è visto ridursi ai minimi storici il senso di comunità e la consapevolezza del valore dell’unità. Il mio impegno sindacale ha messo al centro la lotta contro la “burocratizzazione” e il “verticismo” delle strutture sindacali da un lato, contro quello che definisco “analfabetismo politico-sindacale di ritorno” dall’altro. Senza la consapevolezza dei lavoratori, senza la loro capacità di uscire dal branco del qualunquismo, senza un minimo di impegno nel cercare di capire, ad esempio, le differenze fra un sindacato e l’altro, quali lotte si possono fare? La lotta per salvare il posto di lavoro, giusto quella! Perché spesso inizia quando arrivano le prime lettere di licenziamento e tutto diventa chiaro a tutti… estremizzo lo so, ma non c’è forse del vero?! In questi casi i lavoratori reagiscono e si muovono - magari bene! - anche le organizzazioni sindacali, che riescono – magari spesso! – anche a salvare il salvabile: ma dov’erano state fino al giorno prima? Quando il lungo e duro lavoro di organizzazione della militanza, di formazione e per quanto possibile selezione dei delegati era stato insufficiente per i più attenti, invisibile agli altri? Le altre lotte, quelle ad esempio per il miglioramento delle condizioni concrete di vita in fabbrica, o anche per la piena attuazione degli accordi interni sottoscritti vengono sempre “frenate”: da sindacati come la FIM certo, ma spesso anche dalla FIOM! Che si nasconde dietro al ”senso di responsabilità”, alle “diverse priorità”, al “rischio dell’isolamento”.. ecc. ecc! Avrei molti esempi da fare, esempi di come nella mia realtà si subisca passivamente ogni piccolo o magari neanche tanto piccolo sopruso, perché non è mai grande abbastanza per giustificare un’assemblea, uno sciopero, una qualsiasi reazione. Se è vero che non si può mandare la gente allo sbaraglio e che senza eserciti non c’è generale che vinca le guerre, è anche vero che ogni esercito ha bisogno di un condottiero che indichi una strada. Deprecabili metafore militariste a parte, è in queste elementari considerazioni che io trovo una sintonia con la minoranza interna della CGIL e della FIOM de “il sindacato un’altra cosa”. E’ nella necessità di mettere al primo posto il coinvolgimento dei lavoratori, sfruttando ad esempio le nuove possibilità tecnologiche nei campi della comunicazione, con iniziative che favoriscano la visibilità e la differenziazione della nostra organizzazione rispetto alle altre! Sono abbastanza stufo di sentir esaltare la “diversità” della FIOM e i suoi “cento anni di storia”… Mi sembra si finisca col cantarsela e suonarsela da soli! E’ essenziale riportare nelle fabbriche la sensazione che il sindacato fa quello che vogliono i lavoratori e non il contrario! Puntare sulla formazione e sulla selezione dei delegati…Pretendere da essi l’impegno militante che si deve proprio a quei “cento anni di storia”! 

Vittorio Marchesi 
delegato RSU Moto Guzzi

http://manifestino.blogspot.it/2015/06/come-estendere-le-esperienze-di-lotta.html




martedì 23 giugno 2015

Reparto PIEZO

Ancora fermi sul Piezo per problemi alle macchine, ma crediamo che questa volta nessuno oserà dire che si tratta di "causa di forza maggiore" per cui bisogna rimanere a casa con PAR e ferie oppure recuperare!

lunedì 22 giugno 2015

Il sindacatoaltracosa aderisce alla manifestazione del 29 giugno sulla strage di Viareggio.

29 giugno 2015: 6 anniversario della strage ferroviaria di Viareggio, ore 17.00 incontro-dibattito nella sala del Comune
ore 20.30 appuntamento in via Ponchielli (luogo del disastro): manifestazione per le vie della città
Strage annunciata di un disastro “Incancellabile”. 32 Vittime e feriti gravissimi, ustionati per tutta la vita

Questo è accaduto la notte del 29 giugno 2009 nella stazione ferroviaria di Viareggio. Da quel giorno 6 anni ininterrotti di mobilitazione, di lotta, di iniziative …
33 imputati e 9 società coinvolte nel disastro ferroviario.
Un processo in corso e una ‘guerriglia’ processuale dispiegata. Avvocati e consulenti degli imputati costretti a fare carte false …
Sul banco degli imputati il gruppo dirigente delle ferrovie, con a capo Moretti, l’ex Ad di Fsi, ora transitato a Finmeccanica. Moretti, principale imputato, è rinviato a giudizio con accuse pesantissime. Eppure lo Stato, che non si è costituito parte civile nel processo, in questi anni attraverso i suoi governi, ha rinominato e promosso il cav. Moretti (insignito cavaliere del lavoro dal capo dello Stato, Napolitano). Il governo Berlusconi e quello di Letta, fino a Renzi, lo hanno protetto e già ‘assolto’.
Un processo semplice e palese per le gravi e pesanti responsabilità degli imputati nell’aver gestito ed attuato una politica di abbandono della sicurezza; un processo difficile e complicato perché gli imputati rappresentano poteri forti e sono manager di Stato.
Moretti, oltre ad aver risparmiato sulla sicurezza (nella sua gestione da Ad delle ferrovie: dal 2006 al 2014 sui binari hanno perso la vita 54 lavoratori!), ha intimidito, ricattato, minacciato e aggredito i ferrovieri impegnati nelle lotte per la sicurezza e la salute, con pesanti provvedimenti disciplinari: dalle sospensioni ai licenziamenti.

Mobilitarsi ed organizzarsi
contro la prescrizione che incombe sul processo di Viareggio,
contro ogni forma di rappresaglia politico-sindacale!
Verità e giustizia per Viareggio, Sicurezza e libertà nei luoghi di lavoro!

18 giugno 2015
Il sindacato è un’altra cosa – Opposizione Cgil

http://sindacatounaltracosa.org/2015/06/19/viareggio-adesione-alla-manifestazione-del-29-giugno/

giovedì 18 giugno 2015

RISPOSTA INSUFFICIENTE DELL’AZIENDA SUI CARICHI DI LAVORO AL PIEZO


Riceviamo e pubblichiamo:

Il 16 giugno scorso si è tenuto l'incontro tra la Rsu e l’Azienda sulla questione dei carichi di lavoro al Piezo.

La nostra posizione in merito è la seguente: 

- Il miglioramento delle efficienze delle macchine e del raggiungimento di target stabiliti unilateralmente dall'azienda è un problema dell'azienda, per noi il problema principale è quello degli attuali carichi di lavoro dei lavoratori impiegati in quel reparto; 

- L'introduzione di 1 solo operatore “in via sperimentale” non è sufficiente e non basta a coprire tutte le postazioni. E' impensabile dover aspettare un mese per verificare una situazione già evidente; 

- E' inaccettabile che si ricorra continuamente allo straordinario per far fronte ad una pessima organizzazione del lavoro.  

Valuteremo insieme ai lavoratori le azioni da sostenere.  

18 giugno 2015
S. Cini RSU

G. Garzella RSU

mercoledì 17 giugno 2015

CONTI BONUS

Il Conti Bonus è un premio elargito dalla multinazionale Continental di sua iniziativa a tutti i suoi dipendenti. Annunciando il premio anche per quest’anno la multinazionale ha comunicato l’erogazione a partire da aprile 2015.

Il Conti Bonus quindi non è frutto di alcuna trattativa tra la nostra RSU e l'azienda ma la nostra folta delegazione sindacale avrebbe dovuto per lo meno concordare con l'azienda e comunicare ufficialmente ai lavoratori il mese di erogazione del premio.

Ci saremmo aspettati che la RSU per lo meno si adoperasse per farlo erogare in tempi brevi invece ha dimostrato di essere incapace di gestire perfino una cosa semplice come questa....figuriamoci il resto!

lunedì 15 giugno 2015

Incontro RSU - azienda su questione PIEZO

E' previsto per domani alle 10.30 a Fauglia l'incontro tra la RSU e l'azienda per la questione dei carichi di lavoro sul reparto PIEZO.

domenica 14 giugno 2015

Che cosa risponde la RSU alle nostre domande?

Sulla questione dei fondi per le aziende in difficoltà, ecco il comunicato a firma Cini e Grazella (i nomi delle aziende sono stati oscurati per ovvie ragioni):

"Nel corso della riunione RSU dell'8 maggio è stato proposto di destinare una parte dei soldi già raccolti a sostegno di XXXXX e XXXX ai lavoratori della XXXX. 
I fondi non sono stati ancora devoluti pare perché XXXXX non ha un numero di c.c. su cui poter versare i soldi.

Ritenendo necessaria e obbligatoria soprattutto in questi casi la massima trasparenza e il massimo rispetto per i soldi altrui, abbiamo espresso parere contrario a procedere in tal modo e abbiamo chiarito il nostro punto di vista:

Per quanto ci riguarda i soldi raccolti vanno al più presto consegnati a XXXXX e XXXXX.
Siamo ovviamente disponibili a sostenere i lavoratori della XXXX ma per farlo è necessario promuovere un'altra iniziativa e organizzare una nuova raccolta fondi con causale chiara.

Nel corso dell'ultimo direttivo provinciale del 15 maggio invece abbiamo avuto la conferma che l'iniziale proposta della Rsu aveva preso forma. Il delegato della XXXX infatti ha pubblicamente ringraziato la Rsu Continental per la devoluzione di una somma a sostegno della loro vertenza! 
Non comprendiamo perchè si sia voluto gestire in questo modo una situazione così delicata ed importante e riteniamo grave che, pur nel bisogno, si sia deciso di dirottare parte dei suddetti fondi senza neanche porsi il problema di informare e confrontarsi con i lavoratori!"


Il nostro post:

"QUANTO ABBIAMO RACCOLTO PER LE AZIENDE IN DIFFICOLTÀ'?

Essendo la raccolta fondi chiusa ormai da mesi, per una semplice questione di trasparenza e di correttezza nei confronti dei lavoratori che hanno contribuito, chiediamo alla RSU di rendere pubblico al più presto, tramite le bacheche sindacali, l'ammontare dei fondi e la data dei versamenti fatti per ciascuna azienda."


ed ecco la risposta della RSU:


venerdì 12 giugno 2015

Dopo lo sciopero sul Piezo....

Apprendiamo con soddisfazione che la RSU e la segreteria provinciale FIOM si sono date da fare per chiedere all'azienda un incontro, dopo lo sciopero indetto dalle delegate Cini e Garzella, per risolvere la questione degli eccessivi carichi di lavoro nel reparto Piezo.

giovedì 11 giugno 2015

Ancora fermi su FR XL2

Riceviamo e pubblichiamo:

Da:     Rsu
Per:    G. Albertini, P. Bianciardi
Cc:     Rsu
Data:   11/06/2015 14:13


Oggetto:   nuovi fermi FR XL2

Salve,

siamo venute a conoscenza del fatto che il FR XL2 ieri è stato fermo
nuovamente. Vorremmo sapere quali sono stati i motivi del fermo.

Saluti,

S. Cini RSU
G. Garzella RSU

RECUPERO FR XL2

Riceviamo e pubblichiamo:

Sulla questione dei fermi produttivi sul FR XL2, la realtà è a nostro avviso molto semplice:

1. I motivi reali del fermo non sono stati resi pubblici ai lavoratori, ne' dall'azienda, ne' dalla RSU.

2. In mancanza di chiarezza sui motivi dei fermi, dichiarare formalmente e pubblicamente, come fa il comunicato a firma RSU, la "giustezza" delle decisioni aziendali significa fare propri gli interessi dell'azienda e infischiarsene degli interessi dei lavoratori.

3. Nessuna RSU seria può accettare di prolungare l'orario di lavoro per risolvere problemi di cui con molta probabilità e` responsabile l'azienda

4. Nessuna RSU seria può portare avanti simili trattative senza informare i lavoratori e averne il mandato.

5. Se, come crediamo che sia, la responsabilità è dell’azienda, è sbagliato anche ricorrere alla CIGO e quindi ai soldi dei contributi INPS dei lavoratori.

Per difendere il diritto dei lavoratori al rispetto degli orari di lavoro e a decidere sulle questioni sindacali che li riguardano, dichiariamo perciò sciopero nelle ore di prolungamento dell'orario di lavoro.

11/06/2015
S. Cini RSU

G. Garzella RSU

mercoledì 10 giugno 2015

'Venticinque anni di legge antisciopero. Ormai bisogna pensare ad azioni illegali'. Intervista a Giorgio Cremaschi - ControLaCrisi.org


Tra due giorni saranno venticinque anni di legge antisciopero, la famosa 146. E ancora stanno lì ad apportare modifiche che peggiorano la situazione per quanto riguarda i diritti dei lavoratori.

Vogliono cancellare lo sciopero di autodifesa e di autotutela, quello che crea
più problemi all'impresa. Di fatto, stanno andando rapidamente verso la
cancellazione del diritto di sciopero. E laddove non arrivano ecco che, nelle
vesti del cosiddetto garante o di un sindaco, magari spalleggiato da un
prefetto, assistiamo a delle vere e proprie invasioni di campo. Per attaccare
uno sciopero c'è sempre un qualche tipo di "ragione superiore" fuori
dalle regole, dai casi previsti, e tutta nella gestione che la politica fa del
conflitto sociale.....


continua a leggere su:

'Venticinque anni di legge antisciopero. Ormai bisogna pensare ad azioni illegali'. Intervista a Giorgio Cremaschi - ControLaCrisi.org

lunedì 8 giugno 2015

Richiesta incontro sugli aumenti dei carichi di lavoro

Riceviamo e pubblichiamo:

Da: Silvia Cini
Data: 08/giu/2015 21:43
Oggetto: Carichi di lavoro
A: G. Albertini, P. Bianciardi, RSU
Cc: 

Salve,
richiediamo un incontro in tempi brevi per poter discutere degli aumenti dei carichi di lavoro riscontrati nei reparti produttivi di S.Piero.
Saluti
Cini Silvia   RSU
Garzella Giada  RSU

Quanto abbiamo raccolto per le aziende in difficoltà?

Essendo la raccolta fondi chiusa ormai da mesi, per una semplice questione di trasparenza e di correttezza nei confronti dei lavoratori che hanno contribuito, chiediamo alla RSU di rendere pubblico al più presto, tramite le bacheche sindacali, l'ammontare dei fondi e la data dei versamenti fatti per ciascuna azienda.

Leggi anche:
http://ilfoglio-bianco.blogspot.it/2015/01/quanto-abbiamo-raccolto-per-le-aziende.html

venerdì 5 giugno 2015

SULLA QUESTIONE DEL FR XL2

Riceviamo e pubblichiamo:

Siamo di fronte all’ennesima questione gestita dalla RSU al di fuori di ogni regola, con comunicazioni verbali che metodicamente mai vengono ufficializzate e rese pubbliche ed incontri organizzati e comunicati appena mezz’ora prima con l’obiettivo chiaro di renderne difficile la partecipazione e quindi isolare ed ammutolire la parte scomoda della RSU. 

Contestiamo con forza questo metodo e questa pretesa di voler impedire l’accesso alle informazioni a noi e ai lavoratori che rappresentiamo e che di fatto limita la nostra possibilità di elaborare proposte e soluzioni. 

Nel prendere atto ancora una volta del non rispetto delle fondamentali regole di democrazia, rinviamo al resto della RSU la piena responsabilità di come sarà gestita la vicenda del FR XL2.  

5 Giugno 2015
G.Garzella RSU
S.Cini RSU

giovedì 4 giugno 2015

LA RSU STA FACENDO IL SUO LAVORO?

Riceviamo e pubblichiamo:


Come dirigenti sindacali FIOM che nutrono profonde perplessità sul tipo di attività sindacale portata avanti in azienda, riteniamo opportuno indirizzare alcuni quesiti alla RSU e al tempo stesso offrire spunti di riflessione ai lavoratori.
Nel merito,
sulla questione degli Interinali,
l'azienda, nonostante le nostre richieste, non ha mai voluto fornire una lista delle anzianità dei lavoratori, la RSU non ha fatto niente per averla.
Come è stato quindi possibile fare le opportune verifiche sulle assunzioni senza avere i dati completi?
L'azienda cerca evidentemente di assumere a suo arbitrio, la RSU ha fatto qualcosa per impedirlo?
Sulla questione della sospensione della Solidarietà,
esiste al mondo un sindacato che firmi un accordo e dopo tre mesi non sappia e non voglia sapere se sia valido oppure sospeso?
Non era logico che la richiesta della documentazione e la relativa pubblicazione per i lavoratori partisse direttamente da tutta la RSU?
Sugli straordinari in Solidarietà,
L’azienda ha mai chiarito quali sono le circostanze "eccezionali" che la inducono a richiedere ogni fine settimana gli straordinari? La RSU si è mai preoccupata di chiedere conto della sistematicità degli straordinari?  O ha certificato che per ogni volta sussistevano circostanze “eccezionali”?
Sullo sciopero al Piezo,
Cosa intende fare in concreto la RSU per risolvere il problema dei carichi di lavoro nei reparti?
Sul Comitato degli iscritti,
Perché la RSU quando parla di regole per le elezioni non riporta le norme dello statuto della CGIL, molto più chiare e precise di quelle dello statuto FIOM?
4 giugno 2015
I dirigenti sindacali FIOM,
S. Cini, G. Garzella, G. Romboli, M. Ruffa

mercoledì 3 giugno 2015

DELEGAZIONE TRATTANTE per evitare la fuga delle informazioni

Dal profilo tenuto dalla maggioranza RSU durante le ultime assemblee si deduce chiaramente quale sia l’obiettivo, tra l’altro diverse volte minacciato.

La discussione è stata volutamente portata sulle provocazioni e su un terreno di “rissa”:

1) per distogliere l’attenzione dei lavoratori dai contenuti. In parte quest’operazione è riuscita infatti dal giorno dopo le discussioni in area ristoro, invece di essere focalizzate su questioni come carichi di lavoro, rinnovo del premio e flessibilità in azienda, erano incentrate sul fatto che “la RSU litiga”.

2) per poter insinuare il concetto assurdo e antidemocratico che in assemblea la RSU debba portare un UNICO pensiero, unico modo perché non si “litighi”.
L’obiettivo della nostra RSU ora è diventato proprio questo!
Ma come si fa a realizzare quest’assurdità? Impedendo a chi la pensa in modo diverso di avere accesso alle informazioni in modo da non poter elaborare un’opinione alternativa…
Scommettiamo che il nostro ex coordinatore unico che sta per diventare segretario torna all'attacco con la famosa DELEGAZIONE TRATTANTE per impedire alla Cini e alla Garzella di partecipare alle riunioni con l’azienda e riferire ai lavoratori “particolari” che non dovrebbero essere divulgati?

Naturalmente tutto ciò costituirebbe un’altra violazione delle regole di democrazia. Ma cosa volete che sia un’altra regola calpestata pur di imbrigliare la RSU….