venerdì 31 ottobre 2014

Intervento di Paolo Brini al Comitato Centrale FIOM del 30 ottobre

Compagni

Credo sbaglieremmo se pensassimo che le brutali cariche di ieri sugli operai di Terni siano state una “fatalità”, un caso, un episodio, o un equivoco come sostiene ipocritamente il ministero degli interni. Un governo che ha un disegno politico così preciso, di guerra nei confronti dei lavoratori e dei loro diritti, un progetto di ordine e disciplina per imporre la schiavitù nei posti di lavoro.
Un governo che se ne frega di una piazza di un milione di persone e che non considera i sindacati (colpendo in questo modo non un qualche burocrate sindacale ma lo strumento di organizzazione dei lavoratori) come può portare avanti la sua linea se non con una repressione brutale e quindi anche con le cariche? Dobbiamo prendere atto che c’è un cambiamento qualitativo nella gestione del conflitto di classe da parte della borghesia e del suo apparato repressivo, siamo entrati in una fase “nuova” che in realtà è molto vecchia. Per anni ci avevano raccontato che i tempi di Scelba e Reale erano lontani. Chi lo pensava e lo pensa si sbaglia di grosso!
Per questo una fase nuova implica un cambiamento di passo anche da parte nostra e una risposta non rituale, non canonica ma all’altezza dello scontro. Altrimenti questo governo non si fermerà.
È questa la ragione per cui dico che la scelta della Cgil di aspettare a comunicare la data dello sciopero generale il 12 novembre, giorno in cui è convocato il Direttivo Nazionale, per non rovinare le iniziative unitarie con Cisl e Uil è una scelta sbagliata e suicida! Perché questo significa non solo che ancora non è nemmeno chiaro se lo sciopero sarà di 8 ore con manifestazione a Roma o no, ma soprattutto che verrà fissato per dicembre quando ormai IL JOBS ACT SARÀ GIÀ STATO APPROVATO dal parlamento! Una scelta di questo genere dà un messaggio chiaro e deleterio sia ai padroni che alla nostra gente, ai lavoratori; il messaggio che non stiamo facendo sul serio! In questo modo altro che lotte “articolarle”, così ci disarticoliamo noi.
Per questa ragione non mi convince nemmeno la proposta fatta da Landini nella relazione di proclamare lo sciopero generale dei metalmeccanici in due giornate diverse tra nord e sud. Una proposta di questo genere sarebbe stata corretta se la Cgil avesse già in campo lo sciopero generale confederale in una data ragionevole per essere nel pieno della discussione parlamentare del jobs act. Ma dato che così non è, la Fiom non può restare nell’ambito del percorso smobilitante della Cgil. Al contrario deve farsi carico di colmare l’attendismo e l’inettitudine di questa. Perciò dovremmo proclamare lo sciopero generale in un’unica giornata che deve essere quella in cui il parlamento discute e vota il jobs act e il corteo lo dovremmo piazzare davanti a Montecitorio. Migliaia di metalmeccanici circondano e picchettano il parlamento. Nessun onorevole deve uscire di lì finché non bocciano quello scempio di legge! Mi rendo conto dell’irruenza di quello che sto proponendo e certamente questo implica quantomeno avere un servizio d’ordine all’altezza della situazione, ma o facciamo sul serio o questa sarà l’ennesima manifestazione testimoniale che si concluderà con l’ennesima sconfitta. Non possiamo davvero permettercelo.
L’ultimo elemento di riflessione lo dedico alla vertenza di Terni. È una esperienza che ci dice una cosa precisa: non possiamo più affrontare le vertenze di crisi aziendale come fatto finora. Se vogliamo arrestare il processo di deindustrializzazione non possiamo continuare a “gestire” gli esuberi magari anche con accordi sindacalmente “puliti”, come si dice, ma che non impediscono i licenziamenti e lo smantellamento del patrimonio industriale che ne consegue. La Thyssenkrupp di Terni è la dimostrazione concreta di qual è una delle cause profonde di questa crisi, ovvero le privatizzazioni. È da quando si è dato avvio alla privatizzazione del settore pubblico che è iniziata la deindustrializzazione del paese. Perciò quella della rinazionalizzazione deve diventare la nostra parola d’ordine strategica per il proseguo di questa come delle altre vertenza che vedono a rischio migliaia di posti di lavoro.

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