Sono una lavoratrice della Provincia di Genova ed ero, fino a
stamattina, una componente di diversi organi statutari di CGIL. Da oggi
però ho voltato pagina, consapevole di non essere né la prima né
l'ultima a lasciare la CGIL
in questa fase storica.
Ho partecipato attivamente al percorso congressuale di CGIL, sostenendo
il documento “Il sindacato è un'altra cosa”, a partire da numerose
assemblee di base nelle quali ho svolto il ruolo di relatore. Mi ritengo
perciò, oltre che una militante sindacale, anche una testimone oculare
dello svolgimento del Congresso.
Sostenendo quel documento congressuale, ho combattuto una battaglia che
si proponeva, come minimo, di invertire il processo di involuzione di
CGIL. Processo che è iniziato da qualche decina di anni e che è
proseguito imperterrito fino all'accordo sulla rappresentanza del 10
gennaio, e oltre.
Non solo questa inversione non si è verificata, ma il processo di
involuzione ha comportato, tra l'altro, la violazione dello Statuto e di
ogni elementare principio di correttezza e di democrazia sindacale. E
così, attraverso la falsificazione spudorata dei dati, la magica
scomparsa nel nulla degli emendamenti al documento di maggioranza, la
costruzione scientifica della platea dei delegati (ben lontano dal
rispetto del voto delle assemblee di base), un risultato referendario
sull'accordo del 10 gennaio quantomeno sospetto, la Camusso stravince
con una maggioranza bulgara, non senza qualche flessione però, operata
dall'area di Landini. E tutto l'asse del sindacato più grande d'Italia
si sposta irrimediabilmente a destra.
Intanto, nel mondo reale, nell'ambito del generalizzato massacro
sociale, la pubblica amministrazione e il pubblico impiego stanno
morendo. Morendo ammazzati, per intenderci. E anche per mano dei
sindacati complici, CGIL compresa.
La reazione deve essere di rottura con qualsiasi politica (ad oggi
quella renziana) messa in atto dal blocco sociale governativo e
filogovernativo, che abbia come finalità lo smantellamento delle tutele
dei lavoratori e dello stato sociale e, con esso, della pubblica
amministrazione.
La radicalità delle azioni, che pure erano parte integrante dei
contenuti del documento “Il sindacato è un'altra cosa”, non trova
spazio, oggi, all'interno di CGIL.
Ritengo quindi che la mia collocazione debba essere un'altra. Anzi, è già
un'altra.
Ci tengo a sottolineare che l'affetto e la stima che mi lega ai
compagni de “Il sindacato è un'altra cosa”, con i quali ho combattuto
fianco a fianco, non si esaurisce, per il semplice fatto che non
passavano solo attraverso il documento congressuale, ma andavano oltre.
Resterà pertanto indelebile da parte mia il legame con Giorgio, Aurelio,
Dodi, Natalia, Nico, Dafne, ..... per sempre “Compagni”.
Come delegata del documento “il sindacato è un'altra cosa”, ho
partecipato al X Congresso Nazionale di Funzione Pubblica, svoltosi ad
Assisi dal 9 all'11 aprile.
Questo che segue è il racconto di quello che ho visto.
Il Congresso si è svolto in un teatro, nei pressi della Basilica di Santa
Chiara.
I delegati presenti erano 587. Solo 18 quelli del documento di
minoranza (tra cui io). Questi ultimi rappresentavano, con dati molto
contestati, poco più del 3% in FP.
Verrebbe da dire “Oh, bene. Finalmente un Congresso unitario!”. In
realtà ho assistito, nel corso dei diversi congressi, a lotte intestine
senza quartiere.
La piccola minoranza del documento cremaschiano è molto chiaramente mal
tollerata: è considerata “altro rispetto a CGIL”, e come tale viene
trattata. Ma non è di questo che vi voglio parlare.
Come sul Titanic, non ho potuto fare a meno di notare un'atmosfera
surreale, di autocelebrazione, che a volte volgeva al grottesco.
Davanti alla presidenza, schierata in un lungo tavolo sul palco, si
susseguivano gli interventi dei delegati in un ordine prestabilito e
frutto di precedenti accordi.
A parte i funzionari dell'apparato, quelli che difficilmente hanno mai
lavorato in vita loro, che rappresentavano la stragrande maggioranza
della platea, sul palco sono saliti anche improbabili precari e
lavoratori di vari settori (sanità pubblica e privata, enti locali, ...)
. Pochi interventi e tutti molto impostati, questi ultimi. Il
politically correct la faceva da padrone.
Qualcosa di condivisibile c'era anche, mica dico di no. Qualcosa.
Grandi applausi per tutti.
I funzionari snocciolavano dati, i “lavoratori” portavano
testimonianze, con la spontaneità non più grande di quella di una
guardia svizzera.
Quello che mi ha colpito di più è che agli interventi si alternavano
siparietti da avanspettacolo: orchestrine che suonavano il jazz sul
palco, cantautori con la chitarra da fare invidia a Comunione e
Liberazione, esibizioni di comici e perfino un frate francescano che ha
rievocato la novella di San Francesco ed il lupo come metafora della
concertazione!
Papa Francesco è stato nominato e citato innumerevoli volte, Giuseppe Di
Vittorio non se lo ricorda più nessuno.
E ora viene il bello. Ve ne racconto una per tutte. Una a caso.
Non so se avete presente il renziano jobs act. E' una delle peggiori
applicazioni di politiche neoliberiste mai viste. Quelle che calpestano
anni di lotte e di conquiste.
Non entro nei dettagli, ma la controriforma mette in campo, sui
contratti a termine e sull'apprendistato, delle “innovazioni” che
condannano i giovani oggi e i nostri figli domani ad un precariato a
vita, sfruttato e sottopagato, senza via di uscita. Un massacro per le
generazioni future.
Ecco, è stato presentato un ordine del giorno contro il jobs act, che
chiedeva una grande e generale mobilitazione contro questa misura.
E' stato ….. respinto!
E' stato respinto dalla maggior parte dei delegati, tra i quali, come
vi ho detto, di lavoratori veri (come me e praticamente tutti quelli
della minoranza) ce n'erano davvero pochi.
Eppure ora le “parti sociali” recitano la parte degli strenui
oppositori alle politiche di austerity e dei difensori dei lavoratori.
Peccato che non ci creda più nessuno.
A parte la palese volontà di neutralizzare il dissenso, con atti che
definire antidemocratici è dire poco, si toccava con mano la distanza
siderale tra la farsa che si consumava nel Congresso e la reale
condizione del Paese, il profondo malessere dei lavoratori,
l'impoverimento sempre più insostenibile della gente, colpita dalle più
feroci politiche di austerity, perpetrate tanto da governi di
centrodestra quanto da quelli di centrosinistra.
Con questo Congresso, CGIL è ormai definitivamente diventata una
burocrazia sindacale senz'altro più incline agli accordi di palazzo che
alla difesa dei diritti dei lavoratori.
Ma noi siamo consapevoli che non esistono governi amici. E quei pochi
scioperi molto poco convincenti, a volte solo invocati e mai agiti, sono
solo tristi rappresentazioni di una protesta che non ha nulla di reale.
Una farsa nella farsa. E, quello che è peggio, sulla pelle dei
lavoratori.
Vorrei dire ai dire ai compagni sfiduciati che non credo che scioperi e
mobilitazioni non servano più. Servono eccome. Ma ci vuole un sindacato
che abbia la capacità e il coraggio di fare sindacato. Questo sindacato
esiste, e cresce e si sviluppa insieme ai conflitti. Io ne condivido
principi e metodi, mentre di CGIL, semplicemente, non condivido più
nulla.
Genova, 9 maggio 2014
Alessandra Perrotta
fonte:
Un nuovo significativo arrivo in USB: "Benvenuta Alessandra" Immagine - Libera.TV
Facciamolo anche da noi!!! Cosa ci stiamo a fare nel solito sindacato di quelli che sappiamo noi. A portare acqua al loro mulino. Se diciamo altro, facciamo altro
RispondiEliminaAbbiamo ritenuto importante pubblicare il post innanzitutto per un dovere di cronaca, poi perchè come iscritti alla CGIL è nostro dovere fare autocritica....
Elimina