Frequentemente ci riportano notizie su un certo modo di fare che sta prendendo sempre più piede nelle clean room nel momento in cui ci sono delle visite "importanti".
Oltre al comprensibile riguardo richiesto per l'ordine e la pulizia spesso i lavoratori vengono fatti "emigrare" nei reparti vicini a quelli interessati dalla visita oppure volutamente lasciati in pausa per tempi molto lunghi perchè, a detta dei responsabili, "non dobbiamo farci vedere in troppi.." .
Lasciando da parte per un attimo l'imbarazzo che si crea in un lavoratore "costretto" ad imbucarsi chissà dove nascondendosi da chissà chi, ci chiediamo il perchè di questi atteggiamenti :
Che messaggio vogliamo dare ai visitatori?
Che gli stiamo vendendo? Forse che sulle linee produttive si lavora con 5 persone anzichè 10?
Se per ora la soluzione sembra essere quella di nascondere i lavoratori "in eccesso", quale sarà la soluzione in futuro?
Non è tanto il messaggio che si vuol dare ai visitatori... quanto inculcare ai lavoratori il fatto di essere in ESUBERO! Il giochino psicologico è già partito e, in alcuni casi, il lavaggio dei cervelli non sarà così difficile... : (
RispondiEliminaPuò darsi che tu abbia ragione. Sta di fatto che da sempre la fabbrica ideale per il datore di lavoro (quello reale, ovvero chi mette il dindo, cioè Continental Germania) è la fabbrica che produce utile, che non crea imprevisti, quindi è priva del cosiddetto "lavoro vivo" (noi schiavi, tanto per intendersi)... A quel tipo di datore di lavoro piacerebbe avere una fabbrica perfettamente funzionante in regime automatico, ovvero utilizzando solo "lavoro morto" (robot, processi, procedure, tutta roba che prevede una certa presenza umana, ma del tutto alienata e succube del sistema produttivo, controllato dall'alto). Questo ci raccontano due secoli di storia industriale. Effetti di questo sistema di pensiero sono gli esuberi, che si creano non tanto perché c'è crisi, quanto perché una multinazionale, per mantenere competitività, per valorizzare al massimo il proprio capitale, deve razionalizzare ogni più piccolo dettaglio del processo di lavoro, compresi noi.
RispondiEliminaEcco, io credo che alla base di tutto stia questo, che non è certo una novità, si chiama capitalismo e più esattamente si chiama toyotismo (perché sistemi simili si applicarono guarda caso proprio in Giappone agli inizi degli anni '80).
Per combattere tutto ciò ci vorrebbe solo una cosa: un'organizzazione sindale vera, anti-capitalista, che spiegasse a noi schiavi che da questo tunnel si esce solamente negando radicalmente il sistema, non cercando di riformarlo o di mettere qualche pezza qua o là. È dura, lo so, ma è l'unica via d'uscita.