Scritto da CLASH CITY WORKERS il 14 giugno 2016:
Oggi i francesi tornano in piazza, con un nuovo sciopero generale convocato da 4 sindacati (CGT, FO, FSU, Solidaires) e tre organizzazioni studentesche (UNEF, UNL, FIDL). Gli scioperi continuano, nonostante gli appelli alla “responsabilità” da parte di alcuni membri del Governo, i quali vorrebbero che le agitazioni avessero fine per consentire un “sereno svolgimento” degli europei di calcio.
Oggi i francesi tornano in piazza, con un nuovo sciopero generale convocato da 4 sindacati (CGT, FO, FSU, Solidaires) e tre organizzazioni studentesche (UNEF, UNL, FIDL). Gli scioperi continuano, nonostante gli appelli alla “responsabilità” da parte di alcuni membri del Governo, i quali vorrebbero che le agitazioni avessero fine per consentire un “sereno svolgimento” degli europei di calcio.
Ma è proprio appellandosi a quel senso di responsabilità – verso i propri colleghi, verso i propri figli, verso sé stessi – che i lavoratori francesi sono decisi a non mollare. On lâche rien – non molliamo – è lo slogan più diffuso in questa mobilitazione che entra oggi nella sua fase decisiva.
La Loi El-Khomri – il Jobs Act d’oltralpe – (che abbiamo analizzato in questo articolo) verrà infatti introdotta al Senato, per essere poi discussa fino al 24 giugno, e votata il 28. In senato non è possibile il ricorso all’articolo 49.3 della Costituzione, quello che ha consentito di bypassare l’Assemblea Nazionale (corrispettivo della Camera italiana), ma d’altra parte a detenere la maggioranza dei senatori è la destra liberista, che ha già annunciato di voler modificare il testo eliminando la settimana di 35 ore (una regola d’altronde già infiacchita da numerosi provvedimenti che l’hanno nei fatti resa un’eccezione, più che la regola). Il Senato sarà quindi molto più permeabile alle richieste della Medef (la Confindustiria francese), che – ben oltre le intenzioni governative – vorrebbe eliminare definitivamente le 35 ore e togliere qualsiasi vincolo ai contratti aziendali, perché i propri rispettabili aderenti abbiano mano libera nel regolare salari e soprattutto tempi di lavoro in base alle proprie esigenze: abbassando i primi e aumentando i secondi, si intende.
Una volta uscita dal Senato, la legge dovrà essere ridiscussa da una commissione paritetica composta da deputati e senatori, che dovranno accordare i due testi: quello uscito dall’Assemblea Nazionale e quello uscito dal Senato. Nel caso in cui – con molta probabilità, essendo le due assemblee di colore differente – la commissione non dovesse pervenire ad un accordo interno, sarà l’Assemblea Nazionale a decidere la sorte della Loi El-Khomri, presumibilmente a luglio. Niente impedirà al Governo Valls di riutilizzare l’art.49.3 della Costituzione per far passare una legge che non ha la maggioranza nemmeno nel PS.
Mentre il Governo si mostra inflessibile, gli apparati dello Stato attaccano il movimento ai fianchi: la manifestazione di oggi sarà interdetta a circa 130 persone nella regione di Parigi, 15 a Rennes. Sono le conseguenze della legge d’emergenza che vige dal giorno degli attentati di novembre, e che permette ai prefetti di impedire la libera circolazione dei cittadini francesi qualora lo ritengano necessario.
In queste condizioni per i lavoratori non è affatto semplice vincere questa battaglia che va avanti ormai dal 9 marzo. Oggi i sindacati hanno annunciato una manifestazione enorme. Tra i 350 e i 400 bus sono stati mobilitati per raggiungere la capitale. Le federazioni sindacali locali hanno addirittura affittato treni ed hanno messo su un servizio di “covoiturage” (autostop collettivo) gratuito per permettere a chi volesse di arrivare a Parigi, e due altre grandi manifestazioni sono state preannunciate per il 23 ed il 28 giugno.
Vada come vada, i francesi ci stanno dando una grande lezione di dignità, una scossa che si è insinuata nelle coscienze di molti lavoratori europei ed italiani in particolare. Basta dare un’occhiata ai commenti che ha scatenato uno degli ultimi tweet della CGIL – emersa da un lungo silenzio – contenente un piccolo messaggio di solidarietà diretto ai lavoratori francesi. Sotto al tweet, le reazioni di tanti aderenti battono il ritmo dello stesso messaggio: quando il Jobs Act si votava in Italia voi dove cazzo eravate?
Per il pomeriggio di oggi intanto – al netto dei messaggini della Camusso – diverse organizzazioni di base italiane hanno organizzato presidi di fronte ai consolati ed alle ambasciate di Francia: un modo simbolico, ma importante, di dare forza e visibilità alle ragioni dei lavoratori d’oltralpe. Un modo come un altro per recuperare il filo del riscatto nel nostro paese, per lasciare da parte la rassegnazione e l’opportunismo di tanti dirigenti sindacali, per ricostruire il movimento operaio partendo dalla sua essenza: la solidarietà.
http://clashcityworkers.org/internazionale/2382-francia-contro-jobs-act.html
La Loi El-Khomri – il Jobs Act d’oltralpe – (che abbiamo analizzato in questo articolo) verrà infatti introdotta al Senato, per essere poi discussa fino al 24 giugno, e votata il 28. In senato non è possibile il ricorso all’articolo 49.3 della Costituzione, quello che ha consentito di bypassare l’Assemblea Nazionale (corrispettivo della Camera italiana), ma d’altra parte a detenere la maggioranza dei senatori è la destra liberista, che ha già annunciato di voler modificare il testo eliminando la settimana di 35 ore (una regola d’altronde già infiacchita da numerosi provvedimenti che l’hanno nei fatti resa un’eccezione, più che la regola). Il Senato sarà quindi molto più permeabile alle richieste della Medef (la Confindustiria francese), che – ben oltre le intenzioni governative – vorrebbe eliminare definitivamente le 35 ore e togliere qualsiasi vincolo ai contratti aziendali, perché i propri rispettabili aderenti abbiano mano libera nel regolare salari e soprattutto tempi di lavoro in base alle proprie esigenze: abbassando i primi e aumentando i secondi, si intende.
Una volta uscita dal Senato, la legge dovrà essere ridiscussa da una commissione paritetica composta da deputati e senatori, che dovranno accordare i due testi: quello uscito dall’Assemblea Nazionale e quello uscito dal Senato. Nel caso in cui – con molta probabilità, essendo le due assemblee di colore differente – la commissione non dovesse pervenire ad un accordo interno, sarà l’Assemblea Nazionale a decidere la sorte della Loi El-Khomri, presumibilmente a luglio. Niente impedirà al Governo Valls di riutilizzare l’art.49.3 della Costituzione per far passare una legge che non ha la maggioranza nemmeno nel PS.
Mentre il Governo si mostra inflessibile, gli apparati dello Stato attaccano il movimento ai fianchi: la manifestazione di oggi sarà interdetta a circa 130 persone nella regione di Parigi, 15 a Rennes. Sono le conseguenze della legge d’emergenza che vige dal giorno degli attentati di novembre, e che permette ai prefetti di impedire la libera circolazione dei cittadini francesi qualora lo ritengano necessario.
In queste condizioni per i lavoratori non è affatto semplice vincere questa battaglia che va avanti ormai dal 9 marzo. Oggi i sindacati hanno annunciato una manifestazione enorme. Tra i 350 e i 400 bus sono stati mobilitati per raggiungere la capitale. Le federazioni sindacali locali hanno addirittura affittato treni ed hanno messo su un servizio di “covoiturage” (autostop collettivo) gratuito per permettere a chi volesse di arrivare a Parigi, e due altre grandi manifestazioni sono state preannunciate per il 23 ed il 28 giugno.
Vada come vada, i francesi ci stanno dando una grande lezione di dignità, una scossa che si è insinuata nelle coscienze di molti lavoratori europei ed italiani in particolare. Basta dare un’occhiata ai commenti che ha scatenato uno degli ultimi tweet della CGIL – emersa da un lungo silenzio – contenente un piccolo messaggio di solidarietà diretto ai lavoratori francesi. Sotto al tweet, le reazioni di tanti aderenti battono il ritmo dello stesso messaggio: quando il Jobs Act si votava in Italia voi dove cazzo eravate?
Per il pomeriggio di oggi intanto – al netto dei messaggini della Camusso – diverse organizzazioni di base italiane hanno organizzato presidi di fronte ai consolati ed alle ambasciate di Francia: un modo simbolico, ma importante, di dare forza e visibilità alle ragioni dei lavoratori d’oltralpe. Un modo come un altro per recuperare il filo del riscatto nel nostro paese, per lasciare da parte la rassegnazione e l’opportunismo di tanti dirigenti sindacali, per ricostruire il movimento operaio partendo dalla sua essenza: la solidarietà.
http://clashcityworkers.org/internazionale/2382-francia-contro-jobs-act.html
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