Era lecito domandarsi a che servisse togliere la tutela dell’articolo
Il decreto natalizio del governo Renzi supera questa
contraddizione. Senza che se ne fosse minimamente accennato nella
discussione parlamentare sulla legge delega, il testo sfrutta al massimo
l’incostituzionale mandato in bianco imposto col voto di fiducia e estende la
franchigia anche al mancato rispetto delle regole sui licenziamenti collettivi.
La legge 223 infatti, recependo principi e regole in vigore in tutti i paesi
industriali più avanzati e sostenute con forza da tutte le organizzazioni
internazionali, Onu in testa, da oltre venti anni disciplina i licenziamenti
collettivi per crisi, stabilendo criteri e regole nel loro esercizio. Ad
esempio essa applica un concetto principe del diritto del lavoro degli USA, la
“seniority list ” . Se proprio si deve licenziare si parte dagli ultimi
arrivati , dai più giovani, da coloro che non hanno carichi familiari e si
risale verso le madri e gli anziani capi di famiglia. In vetta a quella lista,
nelle aziende Usa sindacalizzate, stanno addirittura i rappresentanti dei
lavoratori. In Italia non siamo così rigidi, ma il senso della regola è lo
stesso. La 223 stabilisce che solo con un accordo sindacale controfirmato da
una pubblica autorità si possa derogare ai criteri dell’anzianità e dei carichi
familiari. Così son state definite con le aziende, da ultimo con Meridiana, le
uscite dei più anziani, in grado di raggiungere la pensione con la indennità di
mobilità.
Se un’azienda prima del decreto Renzi avesse voluto fare
licenziamenti indiscriminati di massa , avrebbe subìto un doppio danno. Avrebbe
dovuto pagare consistenti penali e avrebbe rischiato la reintegra da parte di
un giudice di tutti i dipendenti licenziati senza il rispetto di regole e
procedure. Questo vincolo ha frenato i licenziamenti di massa, anche in una
crisi senza precedenti come quella attuale. Ora viene tolto e le aziende
potranno liberamente sbarazzarsi, per crisi e ragioni economiche, di
lavoratrici e lavoratori che hanno l’articolo 18 e sostituirli con dipendenti
precari a vita, pagati molto meno e per la cui assunzione riceveranno anche un
consistente finanziamento pubblico.
La portata reazionaria di questo decreto mostra tutta
la malafede di un governo che sa perfettamente che la liberalizzazione dei
licenziamenti non ha mai prodotto, né mai produrrà un solo posto di lavoro
aggiuntivo a quelli esistenti. Nessuno assume in più se non ha lavoro in più da
far fare. Ma se viene offerta la possibilità di realizzare, a condizioni più
che favorevoli, quello che le imprese chiamano il ricambio organico del
personale, perché rifiutarla? Questo è lo scopo vero del Jobact : un
gigantesco scambio di manodopera tra chi ha più e chi ha meno diritti e
salario. Come più di cento anni fa, quando i braccianti venivano cacciati dalla
terra che avevano coltivato, perché agrari e baroni reclutavano gente più
povera disposta a subire condizioni peggiori. Non solo il Jobact non fa nulla
contro la disoccupazione, ma anzi proprio per funzionare ha bisogno di una
massa ricattabile di senza lavoro, senza i quali le sue norme resterebbero
lettera morta. Alla fine l’ occupazione complessiva sarà ancora minore, come
già sapientemente prevede la
Confindustria , ma quella rimasta somiglierà molto di più a
quella che lavora oggi in Cina rispetto a quella che aveva conquistato diritti
e dignità in Italia. Le imprese rimaste festeggeranno per i maggiori profitti,
mentre il lavoro sarà sottoposto alla schiavitù di un Medio Evo tecnologico.
A questo punto non serve aggiungere altre parole.
Ogni atto del governo Renzi rappresenta una coerente azione di restaurazione
sociale. Non si colpisce solo il lavoro, ma la scuola, la sanità. i servizi
pubblici, mentre si rafforzano le spese militari. Quando si interviene, come
all’Ilva, lo si fa per permettere alle multinazionali cui verrà ceduta di
risparmiare i costi del risanamento e degli investimenti. Tutte le riforme
politiche proposte stravolgono principi e libertà costituzionali.
Ma a questo punto continuare a rimproverare a Renzi e
a Giorgio Napolitano, che ne è il primo sostegno, di fare quello che dichiarano
di voler fare non serve a niente. Il governo Renzi è la personalizzazione della
distruzione della Costituzione Repubblicana, è nato e opera per questo.
Rappresenta una classe dirigente italiana che ha deciso che il sistema sociale
e democratico del dopoguerra non possa più essere mantenuto, di fronte ai
vincoli della Troika e della finanza globale. O si contestano quei vincoli,
euro compreso, o si insegue il modello del capitalismo selvaggio senza vincoli.
Renzi e Napolitano hanno scelto di essere fino in fondo fedeli esecutori di
quei vincoli, per questo oggi son avversari di tutto ciò che nella storia
italiana ha significato progresso sociale e democratico. Renzi e Napolitano
hanno scelto e chi si oppone a questa loro scelta deve essere altrettanto
intransigente e rigoroso. Altrimenti la coerenza reazionaria del governo sarà
la sola devastante forza in campo .
Giorgio Cremaschi
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