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giovedì 24 dicembre 2015

Ricordando il 2015....in attesa di un 2016 migliore


Ripercorriamo velocemente quello che è stato il 2015 in Continental:

1) A gennaio apertura dei Contratti di Solidarietà a fronte di dichiarazione di esuberi nonostante i volumi in aumento. I CdS sono stati interrotti ad aprile per recuperare la produzione persa.

2) Da maggio a settembre assunzione degli interinali per recuperare la produzione persa.

3) Da ottobre a dicembre apertura della Cassa Integrazione Ordinaria per scaricare sull'INPS i costi di quelli che l'azienda ritiene "improduttivi".

Insomma per tutto l'anno la gestione del personale è stata ad uso e consumo dell'azienda che ha sempre disposto ed ottenuto l'accordo di una RSU complice e passiva. Il tutto portato avanti senza informazioni chiare, trasparenti e senza alcuna corrispondenza tra i pochi dati dichiarati e le decisioni prese.

E l'anno si chiude in continuità con quella che è stata la gestione del personale per tutto il 2015:

- Piezo: passaggio da tre turni ad un turno senza alcuna informazione sulla variazione dei volumi, solo voci di corridoio, perché chiaramente l'azienda vuole poter continuare a gestire il personale indisturbata e senza che nessuno abbia gli strumenti per fare un'analisi della situazione.
In conseguenza delle variazioni dei turni, S. Piero continua a svuotarsi di operatori e continua la migrazione verso Fauglia. Azienda ed RSU invece continuano a dire che non ci sono ancora decisioni prese sull'accorpamento delle due sedi.

- Chiusure: l'azienda cambia il calendario delle chiusure collettive a suo piacimento all'ultimo minuto e la RSU, a parte un blando comunicato di protesta, ha nuovamente concesso all'azienda di disporre.

Per chiudere desideriamo ringraziare il Direttore per il bel panettone ricevuto e cogliamo l'occasione per ricordare che forse siamo stati gli unici in passato ad apprezzare e a prendere sul serio i suoi dati sui volumi.
Al tempo stesso ricordiamo anche che il pugno duro non paga mai.

Buon Natale a tutti!
Il Foglio Bianco 

martedì 22 dicembre 2015

Questione Continental portata in discussione al direttivo FIOM Pisa del 16 dicembre



Sottoposto a votazione è stato respinto con 28 contrari, 7 astenuti e 9 favorevoli.

L'Ordine del Giorno, presentato dai membri del Direttivo della Continental  Cini, Ruffa, Garzella e Romboli, é stato pienamente condiviso e sostenuto dalla maggioranza dei delegati della Piaggio presenti al Direttivo.
Rappresenta la linea sindacale che insieme, alla Piaggio e alla Continental, intendiamo seguire per rispondere all'avanzata delle aziende a danno dei diritti dei lavoratori.
La posizione del Segretario provinciale  FIOM e della maggioranza che lo sostiene ne è risultata indebolita, come è chiaro anche dalla consistente quota di astenuti tra i suoi membri.

lunedì 21 dicembre 2015

Cgil-Cisl-Uil: un regalo indigesto


Sergio Bellavita.
Nei giorni scorsi le segreterie nazionali di Cgil Cisl e Uil hanno raggiunto un accordo su una piattaforma comune per la trattativa sul modello contrattuale per il confronto con Confindustria.Si tratterà di leggere nel dettaglio i contenuti dell’intesa ma è evidente che l’architrave su cui poggia l’unità di vertice del sindacalismo confederale è il modello definito dal Testo Unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014. Non ci sono buone notizie quindi. La ritrovata unità di vertice non è il frutto di un ripensamento profondo del sindacalismo confederale, né avviene sotto la spinta delle lotte. Ci sono due ragioni di fondo che segnano la fine della lunga stagione degli accordi separati. La prima è che al padronato oggi non serve più sfruttare la divisone sindacale per destrutturare il modello di tutele e diritti del mondo del lavoro. Il contratto nazionale è già largamente svuotato da ogni portato solidale, unificante, di classe e la contrattazione aziendale, anche per la crisi economica, è largamente divenuta strumento in mano alle imprese per intensificare lo sfruttamento del lavoro umano. Il diritto del lavoro è stato totalmente manomesso da ultimo con il Jobs Act del governo Renzi. Il mondo del lavoro con cui ci si misura oggi è quindi un mondo del lavoro unificato nella precarietà, in cui lo scontro tra il potere organizzato dei lavoratori e quello dell’impresa si è risolto a favore di quest’ultima. Il padrone è l’unica indiscussa autorità in azienda: decide se mantenerti precario o stabilizzarti; decide sugli orari di lavoro; sul salario; sulla progressione di carriera e sul licenziamento. Lo spazio del potere sindacale è sempre più angusto e mortificato. Occorre tornare molto indietro nel tempo per trovare un potere così incontrastato dell’impresa. La strategia degli accordi separati ha quindi funzionato egregiamente al suo scopo, anche in virtù delle incredibili ambiguità e compromissioni di una Cgil che parlava bene ( non troppo spesso in verità) e razzolava male ( molto spesso)…
Solo la Fiom ci ha provato davvero a difendere il modello contrattuale democratico.-vertenziale affermatosi negli anni settanta del secolo scorso. Ci ha provato dal 2001 fino al 2010 per poi capitolare rapidamente ed accettare anch’essa il modello prevalente. La resa della Cgil sul contratto nazionale è datata 28 giugno 2011. Con quell’accordo interconfederale si accettava, sotto la spinta di Marchionne, il principio della derogabilità dei contratti nazionali, sancendo così la fine dello strumento più importante dell’unità di classe del nostro paese. Per queste ragioni oggi è venuta meno ogni differenza tra la linea e la pratica della Cgil e quella di Cisl e Uil. Si tratta solo di definire un’ipotesi che sani ogni vecchio contenzioso e costruisca intorno al Testo Unico un modello complessivo di relazioni, contrattazione e regole. La seconda ragione per cui è finita la lunga stagione degli accordi separati , intimamente legata alla prima, è quella della crescente irrilevanza del sindacato italiano sul piano politico, economico e sociale. La competizione sindacale sul terreno della complicità e della disponibilità ai bisogni dell’impresa e del governo non serve più perché ormai il ramo su cui sedeva il sindacato è stato tagliato…Le imprese hanno tutto e per questa ragione persino il sindacalismo giallo, che pure non tramonterà mai, sul piano generale non serve più. Lo stesso governo tratta a pesci in faccia in egual misura Cgil Cisl Uil perché non sa che farsene delle diverse disponibilità o contrarietà, va avanti indisturbato. Inoltre i bilanci di Cgil Cisl Uil sono sempre più in rosso e il dato clamoroso della disaffezione sindacale da parte dei lavoratori è sempre più difficile da occultare e minimizzare. Tutte queste crisi e queste debolezze inducono all’unità della salvezza il sindacalismo confederale. Il nuovo patto corporativo che si profila dopo l’accordo unitario sul modello non riguarderà solo la contrattazione o il mero agire sindacale. Cgil Cisl Uil e Confindustria discuteranno del modello sociale di questo paese. In gioco ci sono le libertà sindacali dei singoli lavoratori, anche su rappresentanza e sciopero, profondamente lese proprio dalle regole ad excludendum del 10 gennaio 2014 che, da accordo privato, potrebbe divenire legge dello stato nei prossimi mesi. Così come si discuterà di partecipazione dei lavoratori all’impresa sul modello tedesco in salsa italiana. Il tema del welfare contrattuale è un altro dei capisaldi dell’intesa tra Cgil Cisl Uil. Organizzazioni che hanno ormai accettato di accompagnare il processo di liquidazione dello stato sociale frutto delle straordinarie conquiste di due secoli di lotte per l’emancipazione del movimento dei lavoratori. Per il padronato il welfare contrattuale è terra di conquista, sia per la riduzione del peso dello stato sul costo del lavoro, sia per gli enormi profitti che potranno realizzare sulle spalle della povera gente privatizzando sanità e previdenza. In sostanza con il Patto che rischia di chiudersi con Confindustria il sindacalismo confederale espliciterebbe il cambio radicale della sua natura e dei suoi obbiettivi. Sindacato e padrone non rappresenterebbero più due punti di vista diversi tra loro, antagonisti, conflittuali ma concorrerebbero entrambi all’interesse univoco dell’impresa, “bene comune”. Un pezzo del corporativismo che dilaga ovunque in Europa con il corollario classico di repressione, autoritarismo e guerra. Nulla di buono sotto l’albero di natale quindi. Le segreterie Cgil Cisl Uil hanno confezionato un regalo davvero indigesto per le lavoratrici e i lavoratori, per le classi popolari. Ci sarà meno salario, meno diritti, meno sindacato. Quando qualcuno tratta per me senza chiedermelo difficilmente potrà mai rispondere ai miei bisogni. Sarebbe sufficiente denunciare il carattere occulto di questa trattativa per capire come in questi mesi si è lavorato ad un accordo a perdere. Iniziamo a denunciarlo. Il sindacalismo di classe può e deve avere un presente ed un futuro. Rifiutiamo il regalo indigesto!

domenica 20 dicembre 2015

UN DOPPIO GIRO DI....ASSEMBLEE



Solo alcuni giorni fa si sono concluse le ultime assemblee, quelle sindacali e quelle aziendali che ormai da tempo vanno di pari passo.
Come spesso facciamo ci piace soffermarci per proporre ai lettori alcune riflessioni e sottolineare gli aspetti che le hanno caratterizzate:

Assemblee sindacali
Temi "caldi" quelli all'ordine del giorno, temi che avranno inevitabili  ripercussioni sull'occupazione e sulle future condizioni di lavoro in Continental perché si parte da altre richieste aziendali di riduzione dei diritti dei lavoratori.
Inequivocabile è stato l'atteggiamento della RSU e del segretario che hanno voluto "tastare il terreno" sulla cessione di questi diritti per cercare di capire quali e quanti spazi di manovra gli consentiranno i lavoratori.
Da un lato infatti si sono affannati a precisare che "..la RSU non sta chiedendo nessun mandato ai lavoratori.." mentre dall'altro hanno fatto richiami pubblici ai successivi e prossimi incontri già concordati con l'azienda, dice solo per prendere i dati, come se ciò già di per sé non costituisse un mandato implicito a proseguire la discussione tra le parti, evitando al tempo stesso di chiarire quale sia la posizione della RSU sugli argomenti in discussione!!
Interruzioni continue; domande strumentali e risposte fasulle che, assolutamente fuori contesto, hanno fatto rivivere i fatti del 2010; continui richiami al Job Acts che volutamente spostavano l'attenzione dei lavoratori dai quesiti in oggetto e lasciavano intendere una certa disponibilità allo scambio con i diritti oggi in discussione: pause, part time, donazione ed indisposizione cedute ma nessuna telecamera in azienda...

Assemblee aziendali
Questa volta l'azienda ha voluto stupire impostando le sue assemblee sulla risata e sul concetto "ci stiamo divertendo". Ha tenuto banco un filmino sulla qualità, amatoriale invece che professionale come sa ben fare questa azienda multinazionale, con riprese nella camera da letto di un dirigente e coinvolgimento dei suoi familiari, battute continue e argomento "qualità" messo volutamente in secondo piano.
Dopo il filmino sono stati nuovamente mostrati "gli indici di gradimento" negativi emersi dal questionario Continental ma anche per questi non è stata data nessuna informazione aggiuntiva a parte la comunicazione che saranno organizzati "training" per i capi perché imparino a far credere ai dipendenti di essere felici. Insomma l'obiettivo è chiaro: ti sfrutto sempre di più rendendoti scontento ma se mi dici che sei scontento non mi sta bene e cerco un modo per farti credere e dire che tu non lo sia...
Assemblee di scarsissimo contenuto ed indubbio valore in cui il direttore non ha voluto portare informazioni chiare e trasparenti sulle future produzioni ma ha solo voluto lanciare un messaggio del tipo "siamo bravi, siamo una grande famiglia, ci sbellichiamo dalle risate e per l'anno prossimo sono previsti un botto di iniettori! ".

BUON NATALE A TUTTI
Il Foglio Bianco

giovedì 17 dicembre 2015

Direttivo Cgil. Dichiarazione di voto di S.Bellavita

Dichiarazione di voto contrario alla proposta di legge di iniziativa popolare “La carta dei diritti universali del lavoro”


Dichiariamo il nostro voto contrario alla proposta di legge di iniziativa popolare “La carta dei diritti universali del lavoro” , sebbene su alcuni temi, ad esempio sui licenziamenti, è condivisibile, per le seguenti ragioni di fondo.
In primo luogo con questa proposta si considera chiusa la battaglia contro la precarietà, contro quel falso lavoro autonomo che anziché essere combattuto con l’obbiettivo di ricondurlo dentro le tutele del lavoro subordinato, viene così legittimato. In secondo luogo la proposta, per quello che riguarda contrattazione, democrazia sindacale e rappresentanza, è ordinata secondo il Testo Unico del 10 gennaio 2014 con il suo portato di svuotamento dei CCNL, di esigibilità che conduce all’impedimento del conflitto, di limitazione della libera rappresentanza e della democrazia sindacale. Infine non si affronta il tema di come costruire una campagna politica e sociale a sostegno di questa iniziativa di legge popolare, così come non si affronta il tema delle pratiche contrattuali, al momento in assoluto contrasto con i contenuti stessi della proposta. O il nuovo Statuto dei diritti dei lavoratori diventa il riferimento di una battaglia generale che rimette al centro la contrattazione sulla condizione dei lavoratori e delle lavoratrici oppure è destinata a segnare semplicemente un punto di vista in una fase in cui tutto parla di attacco al diritto di sciopero, alla libertà sindacali ed alla contrattazione collettiva.


http://sindacatounaltracosa.org/2015/12/16/direttivo-cgil-dichiarazione-di-voto-di-s-bellavita/


Leggi "La carta dei diritti universali del lavoro":
http://files.rassegna.it/userdata/sites/rassegnait/attach/2015/12/dispositivofinalecdnuovostatuto14122015_1919.pdf

martedì 15 dicembre 2015

Piattaforma sulle pensioni



Lavoratori e Lavoratrici, pensionate e pensionati
Le pensioni sono di nuovo sotto attacco, è indispensabile reagire per impedire la cancellazione definitiva dei diritti sanciti dalla Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza.
La pensione è “una retribuzione differita” e non sono “ soldi per un consumo differito” come vorrebbe il nuovo presidente dell’INPS.
La pensione“deve essere proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto” in modo da “garantire una vita libera e dignitosa al lavoratore ed alla propria famiglia” ( art.36 della Costituzione).
Dopo ben 8 “riforme” e centinaia e centinaia di miliardi tolti al mondo del lavoro, vogliono distruggere la pensione pubblica come diritto costituzionale e trasformarla in costo come vuole l’Europa.  Ricordiamole in sintesi le cosiddette riforme:
1992 riforma AMATO : innalzamento a 20 anni della contribuzione minima per avere una pensione di vecchiaia, colpite in particolare le donne.  Modifica del meccanismo di perequazione automatica delle pensioni al costo della vita sganciato dalla variazione dei salari. L’adeguamento da semestrale diventa annuale e viene introdotto il massimale pensionabile. Il periodo di riferimento per il calcolo della retribuzione media pensionabile passa da 5 a 10 anni.
1995 riforma DINI : quella più  pesante che ha distrutto l’unità del modo del lavoro con l’obiettivo della tenuta del sistema fino al 2040 e oltre. Calcolo contributivo invece che retributivo per chi entra nel mondo del lavoro nel 1996. I giovani e gli anziani  avranno sistemi diversi con la stessa contribuzione. Il calcolo della pensione viene legato all’aspettativa di vita. Cancellate pensioni d’anzianità a 35  anni senza vincolo di età. Vengono introdotte le finestre e cioè, conseguito il diritto all’uscita bisognerà attendere tre mesi. Istituzione della Gestione Separata per i Parasubordinati.  Riduzione delle nuove pensioni ai superstiti quando il coniuge superstite possiede altri redditi. Nascono le pensioni private integrative gestite da aziende e sindacati.
1997 riforma PRODI: accelerazione alla gradualità della riforma Dini. La rivalutazione annuale avviene al 100% dell’aumento dei prezzi per pensioni fino a due volte il trattamento minimo ( oggi circa mille euro), 90% tra 2 e 3 volte, 75% tra 3 e 5 volte, 30% tra 5 e 8 volte  e oltre una cifra fissa.
2004 riforma MARONI : dal 1° gennaio 2008 le pensioni di anzianità si otterranno con 35 anni di contributi e 60 anni di età e 61 per gli autonomi, sia per gli uomini che per le donne. dal 2010, 61 per gli uomini e 62 per gli autonomi. Le donne potranno andare ancora con 57 anni di età, ma tutta la pensione verrà calcolata con il sistema contributivo. le finestre passano da 4 a 2.
2007 riforma DAMIANO: dallo scalone agli scalini. le finestre vengono inserite anche per le pensioni di vecchiaia; così aumenta l’età pensionabile e viene scardinato il principio che la pensione spetta dal mese successivo al compimento dell’età di vecchiaia. Vengono ridefiniti i coefficienti di trasformazione del sistema contributivo.
2009 riforma SACCONI – BRUNETTA: Prevede l’indicizzazione della età pensionabile in rapporto all’innalzamento della aspettativa di vita a decorrere dal 2015.
2010 riforma TREMONTI: una sola finestra mobile 12 mesi dopo la maturazione dei requisiti per i lavoratori dipendenti e 18 mesi per gli autonomi. Aumento dell’età pensionabile in base alla aspettativa di vita con cadenza triennale anzichè ogni 5 anni. I coefficienti di trasformazione saranno aggiornati ogni tre anni. Tali disposizioni entrano in vigore dall’anno 2011.
2011 riforma FORNERO – MONTI : il disastro più recente, saltano i 40 anni di contributi per la pensione. Innalzamento dell’età pensionabile fino a 67 anni e oltre, con il dramma degli esodati e le numerose ingiustizie riconosciute dallo stesso Parlamento ma che non hanno prodotto alcun cambiamento ma perpetrato il disastro.
ORA SI RICOMINCIA A PARLARE DI RIFORMA DELLE PENSIONI, COME SEMPRE SI ANNUNCIA CHE SI DEVONO AIUTARE I GIOVANI, MA IN REALTÀ SI VOGLIONO FARE ALTRI TAGLI ALLE PENSIONI PUBBLICHE PER FAVORIRE QUELLE PRIVATE, NON SOLO QUELLE CONTRATTUALI MA ANCHE QUELLE DELLE ASSICURAZIONI.
Negli ultimi 15 anni le pensioni hanno perduto il 42% del loro valore rispetto al costo della vita. Si è già verificato quel “ rilevante scostamento” fra salari e pensioni per il quale la Corte Costituzionale ha più volte sollecitato “ l’intervento correttivo del legislatore”.
SIAMO STANCHI  DI FARE DA BANCOMAT A TUTTI I GOVERNI!
Vogliono metterci contro i giovani rompendo il patto generazionale tra padri e figli, ma non fanno nulla per impedire il lavoro gratuito, la precarietà e la disoccupazione, continuano a sponsorizzare i “fondi pensione” (che sono molto utilizzati per investimenti all’estero) e mantenere il calcolo contributivo che, con salari da fame, consegneranno ai giovani pensioni da miseria anziché intervenire sul fisco che in Italia, sulle pensioni, è il più alto in Europa.
La timida piattaforma di CGIL-CISL-UIL farà la stessa fine della piattaforma sul fisco sulla quale si erano svolte persino le assemblee nei luoghi di lavoro? il risultato dei cosiddetti tavoli parla a tutte e tutti, basta infingimenti e ammiccamenti utili per cancellare ogni forma di sindacato autonomo da partiti, Governi e da Confindustria.
Noi vogliamo l’unità di interessi con le giovani generazioni:
– non è più rinviabile la separazione tra assistenza e previdenza
(chi non ha pagato è giusto che sia aiutato dalla fiscalità generale, sono i comuni, adeguatamente finanziati dallo Stato che devono aiutare i poveri o chi ha versato poco )
– la pensione deve essere soltanto pubblica, i vari fondi privati e contrattuali perdono capitale e non saranno e non possono essere il futuro,
– No al lavoro gratuito e alla precarietà, facciamo posto ai giovani con la riduzione dell’orario di lavoro,
– ripristinare le pensioni di vecchiaia a 60 anni, quelle di anzianità a 40 anni di lavoro, prima ancora per i lavori faticosi,
– bisogna tornare al calcolo della pensione con il sistema retributivo a ripartizione, altrimenti consegniamo alla miseria intere generazioni di giovani. Bisogna intervenire con la riduzione del fisco sulle pensioni medie e basse,
– un sistema automatico di recupero dell’inflazione per le pensioni che non superano i 5000 euro lordi.
Lavoratori e lavoratrici, pensionate e pensionati non accettiamo che con la solita frase:      “ lo vuole l’Europa, ce lo chiede l’Europa” continuino a toglierci i nostri soldi per favorire la Banche e le Imprese come hanno fatto con il Jobs act, in nome del mercato.
È ora di avere proposte chiare e precise, per una campagna chiarificatrice e una vera vertenza che impedisca di realizzare le imposizioni della Troika.
CON 8 CONTRORIFORME DELLE PENSIONI IN 25 ANNI HANNO DISTRUTTO IL SISTEMA PUBBLICO E I DIRITTI COSTITUZIONALI, ORA VOGLIAMO UNA RIFORMA CHE RESTUTUISCA I LORO DIRITTI AI GIOVANI E AGLI ANZIANI, A CHI LAVORA E A CHI È GIÀ IN PENSIONE


Sindacato è un'altra cosa - SPI


http://sindacatounaltracosa.org/2015/12/13/piattaforma-sulle-pensioni/

sabato 12 dicembre 2015

L'accordo sulla rappresentanza con Confcommercio: di male in peggio.


Il 26 novembre 2015 è stato siglato l’accordo interconfederale tra CGIL – CISL – UIL e CONFCOMMERCIO sulla rappresentanza e la rappresentatività. Questo accordo segue quello firmato tra le sopracitate sigle sindacali e CONFINDUSTRIA del 10 gennaio 2014.
Il problema della rappresentanza sindacale è un problema oggettivo ed in questi ultimi anni abbiamo avuto esempi di accordi separati (vedi contratto metalmeccanici e commercio) escludendo il sindacato più rappresentativo.
Se è vero che servono delle regole, è altresì vero che non tutte le regole sono buone....
Continua a leggere su:

Ccnl metalmeccanici e tavolo generale: Federmeccanica ha fretta


di Sergio Bellavita.
 Sebbene le posizioni al tavolo di trattativa per il rinnovo del contratto nazionale dei lavoratori metalmeccanici siano su alcuni aspetti assolutamente distanti e al momento irreconciliabili non si può sottovalutare la portata di quanto accaduto lo scorso 4 dicembre. Federmeccanica ha fatto diverse affermazioni di assoluto rilievo che vanno riprese per comprendere la dinamica di questo tavolo contrattuale e più in generale di quello confederale sul modello. Ed ha proposto un percorso stringente con l’obbiettivo di chiudere un’intesa entro fine anno, ragione per cui il prossimo 22 dicembre consegnerà una proposta alle organizzazioni sindacali. In primo luogo ha affermato che il contratto nazionale è “strumento fondamentale” per le imprese (sigh) e che non sono in discussione i due livelli contrattuali.
Ciò contraddice in larga misura la vulgata secondo cui il padronato vorrebbe la fine del contratto nazionale. Ovviamente lo vuole rinnovare alle sue “particolari” condizioni: un contratto nazionale svuotato di ogni elemento solidale e unificante, cornice vuota di principi generali in capo a salario e diritti, mentre tutto ciò che riguarda la prestazione lavorativa va spostato nel livello aziendale a disposizione della contrattazione di ricatto e restituzione al fine di incrementare ritmi, orari e salario di produttività. Non molto distante tuttavia da quanto si sta praticando concretamente e dai principi degli accordi interconfederali degli ultimi 5 anni che hanno rotto ogni argine alla progressiva diversificazione delle condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici. Oggi la contrattazione è già interamente costruita sui bisogni delle imprese, dei mercati. Il Testo Unico del 10 gennaio che ha esteso il modello Marchionne all’insieme del mondo del lavoro ha chiuso ogni contenzioso tra Cgil Cisl Uil su valore, ruolo e funzione del contratto nazionale assegnando alla contrattazione un puro ruolo di accompagnamento del processo di spoliazione di diritti e salario. Si tratta quindi di chiudere il cerchio sanando lo strappo dei metalmeccanici. Operazione non semplice certo ma necessaria per consentire, prima che l’ineffabile coppia Renzi-Poletti produca la legge sul salario orario minimo, un accordo al tavolo generale di Confindustria. Sebbene il quadro sia quello descritto i nodi sono ancora diversi e non di semplice risoluzione. Federmeccanica ha chiesto che vengano assorbiti tutti gli aumenti a coloro che hanno una retribuzione, esclusa quella ad obbiettivi, al di sopra di quella soglia di garanzia che si dovrebbe convenire sui minimi tabellari. Una provocazione per una delegazione sindacale che avrebbe l’ingrato compito di spiegare a tutta la sua base un accordo che non darebbe loro un centesimo. Federmeccanica considera questa via, insieme a quella della dilatazione dei tempi di erogazione delle tranche, alternativa a quella restituzione salariale pura e semplice, in virtù della bassa inflazione, che i chimici hanno convenuto nel loro contratto. Ovviamente sanno che questa strada non è percorribile, ma il tema è posto ed è aperto il confronto su soluzioni alternative di restituzione che consentano di ottenere lo stesso risultato in maniera più indolore se mai possibile… La questione dell’indicatore a cui legare gli aumenti della retribuzione non è solo un problema dei metalmeccanici. Le stesse Cgil Cisl Uil sono impegnate nella ricerca di un indicatore più alto dello zero dell’inflazione ISTAT (sebbene palesemente falso). Emblema della crisi di un sindacato che non sa più nemmeno chiedere aumenti salariali semplicemente sui bisogni, senza un indicatore condiviso con il padronato. Quanto definito al tavolo dei chimici in termini di quantità salariali inevitabilmente sarà preso a riferimento anche per i meccanici, anche perché nessuno dei soggetti interessati al rinnovo ha espresso giudizi negativi sullo stesso. Altro tema pesante gettato da Federmeccanica sul tavolo è quello della cancellazione di ogni automatismo residuo nel Ccnl. In primo luogo gli scatti di anzianità, il cui valore, dopo la disastrosa scelta sindacale di trasformarli in cifra fissa nel 1999, cancellando così l’ultimo pezzo di salario indicizzato post fine scala mobile, è fermo dal 2001. Le imprese chiedono di cancellare l’automatismo del riconoscimento dopo il biennio a favore di un sistema cosiddetto “premiale” sull’inquadramento che propongono, cogliendo la richiesta univoca sindacale, di riformare. In sostanza vogliono riconquistare l’ultimo pezzo di salario non a disposizione aziendale per riconoscerlo a loro discrezione. Anche sulla effettiva erogazione salariale le imprese pongono il tema della cancellazione di ogni presunto automatismo. I premi, i salari si possono riconoscere solo rispetto a obbiettivi precisi di profittabilità e produttività e solo dopo che si sono effettivamente raggiunti , non prima. Niente più riconoscimenti a pioggia! In sostanza immaginano un contrattazione variabile sui due livelli, ad obbiettivi, in cui non vi è nessuna certezza all’atto della firma sull’effettiva applicazione di quanto sottoscritto. Può riguardare sia il valore dei minimi salariali, chimici docet, sia l’effettiva erogazione di quanto dovuto se l’azienda è in crisi o non ha risultati positivi del conto economico. Più semplice appare il confronto su temi della sanità e della previdenza integrativa e del cosiddetto welfare contrattuale che Federmeccanica considera importantissimi e sui quali vuole investire visto l’obbiettivo generale di riduzione della spesa pubblica e di conseguenza della pressione fiscale, sostenuta da governo e imprese. Temi sui quali le posizioni dai due lati del tavolo non sono distanti. Il prossimo 22 dicembre Federmeccanica consegnerà una sua proposta per chiudere entro l’anno. Una scelta inusuale considerato che siamo solo al terzo incontro. Una scelta che potrebbe consentire a Fim-Fiom-Uilm di ricostruire, superando formalmente le rispettive piattaforme, una risposta unitaria. Difficile prevedere l’evoluzione del tavolo dei meccanici il cui equilibrio è sempre precario considerata l’asprezza dello scontro di questi anni, tuttavia in campo non ci sono più le rilevanti differenze di linea contrattuale del passato. Non vi è più battaglia in difesa del contratto nazionale, il testo unico firmato dalla Cgil ha certificato la sconfitta di una Fiom che ha avuto il coraggio di dire No a Fiat. Il contratto possibile è oggi solo quello di adattamento alle compatibilità date, deroghe e Jobs Act compresi. Inoltre i sindacati dei metalmeccanici sono legati da una pratica litigiosa certo, ma unitaria a livello di gran parte dei grandi gruppi industriali e non possono non considerare la pressione dei confederali e di Confindustria smaniosi di un’intesa che apra definitivamente alla trattativa generale sul modello. Sarebbe necessario aprire una riflessione sulla contrattazione. E’ ancora lo strumento per rispondere ai bisogni dei lavoratori ? Crediamo che in questo quadro la contrattazione, se non si rompe il quadro attuale, serva molto più alle imprese che ai lavoratori. E serve anche alle organizzazioni sindacali che da tempo hanno deciso di slegare le loro sorti da quelle di chi dovrebbero rappresentare. Temi non più rinviabili per chi, come noi, sente l’urgenza di ridare senso e valore all’iniziativa sindacale, di rimettere al centro i bisogni più che le regole contrattuali. Se c’e’ una lezione che il sindacato avrebbe dovuto trarre nel bilancio di quanto accaduto dal 1993 ad oggi è che gli interessi dell’impresa e quelli del lavoro non sono conciliabili se non nel conflitto. Le famose regole a cui è stata consegnata ogni autonomia contrattuale sono parte dell’ideologia del mercato a cui il sindacalismo confederale si è convertito consentendo il più grande esproprio, al lavoro a favore di rendite e profitti, della storia della nostra piccola e malandata repubblica. Federmeccanica ha lanciato un appello ai sindacati metalmeccanici per un contratto fondato su “impresa bene comune”. Un appello da rispedire al mittente. Le imprese, soprattutto le grandi, che in questi anni hanno licenziato a man bassa, precarizzato, aggravato la condizione lavorativa, ridotto salari e tutele, inquinato e ucciso come all’Ilva mentre continuavano a succhiare soldi alle casse pubbliche sono un “male comune”. Siamo forse alla vigilia di un nuovo e pesante patto corporativo Cgil Cisl UIL Confindustria si contratti rappresentanza e diritto di sciopero. Un patto denso di gravi conseguenze sulla condizione di chi lavora e più in generale del paese. Il riformismo delle compatibilità date, degli angusti limiti della UE e’, insieme a chi governa, responsabile anch’esso della nuova ondata di barbarie che sta pervadendo l’Europa e che rischia di portare l’estrema destra al governo della Francia. Avremmo bisogno della ripresa su vasta scala del conflitto sociale come unico antidoto alla xenofobia dilagante invece tutto il mondo della rappresentanza sociale del lavoro è impegnato alla contrattazione del meno peggio. E tutti sappiamo dove conduce

mercoledì 9 dicembre 2015

Mozione proposta durante le assemblee



Riceviamo e pubblichiamo:



Le assemblee devono costituire il luogo in cui si discute e si decide la linea sindacale da tenere e i lavoratori devono concorrere alle decisioni sindacali. Le assemblee non possono avere la semplice funzione di "informazione" per i lavoratori che sono così trattati da soggetti passivi mentre le decisioni vengono prese altrove.

Partendo da questi presupposti, le delegate Cini e Garzella ed altri lavoratori stanno proponendo questa mozione a tutti i lavoratori in assemblea per coinvolgerli nella decisione e anzi spronarli a decidere loro quale debba essere la linea sindacale da seguire.

Il senso di questa mozione è affermare che i lavoratori rifiutano l'ulteriore riduzione dei propri diritti. Se veramente vogliamo questo, diciamolo in modo chiaro.

A tutto gas verso il sindacalismo corporativo e aziendalista

Sergio Bellavita.
Apprendiamo dalla stampa che Cgil Cisl Uil sarebbero ad un passo dalla definizione di una posizione comune sul modello contrattuale per la ripresa della trattativa…
Si, apprendiamo dalla stampa, perché a tutt’oggi né i dirigenti del massimo organismo della Cgil, né tanto più i lavoratori hanno mai potuto discutere e decidere la posizione della loro organizzazione sulla semi clandestina trattativa sul modello contrattuale. Eppure parliamo di una materia che riguarda direttamente la vita di milioni e milioni di donne e di uomini. Di più,  non solo non si è mai discusso di quali fossero i punti di merito, la linea stessa della Cgil sul contratto nazionale e sulla contrattazione aziendale. Appare surreale, ma è purtroppo tragicamente vero, non si è mai  nemmeno deciso se la Cgil avesse dovuto partecipare o meno a questo tavolo. Anzi, quando la stampa ha riportato i dettagli degli incontri a 4 nella foresteria di Squinzi la Cgil ha sempre negato che esistesse un confronto, una trattativa. Deve certo indignare l’ennesima violazione della democrazia interna e nel rapporto con i lavoratori, ma non può certo stupire. Democrazia e complicità sindacale mal si conciliano soprattutto se hai ben poche conquiste da vantare… I commenti dei protagonisti del confronto di ieri 25 novembre, tenutosi nella sede Uil, hanno rilasciato dichiarazioni molto ottimiste sulla possibilità di giungere in tempi brevi ad un’unica posizione Cgil-Cisl-Uil per la ripresa del tavolo negoziale con Confindustria. L’accelerazione che consente questa possibile nuova unità ha diverse ragioni ma senza dubbio una delle più importanti riguarda la scelta di Landini di presentare una piattaforma Fiom di adeguamento alle compatibilità date in questa fase, a partire dal regime del Testo Unico sulla rappresentanza con il suo sistema derogatorio, passando per le clausole antisciopero,  chiamate di “raffreddamento” sino al welfare contrattuale che è uno dei veri passaggi di boa del sistema sociale in questo paese. Non è un caso che ottenuto il tavolo unitario con Federmeccanica che ha già unificato le due piattaforme separate ma convergenti ( Fim-Uilm e Fiom) sia citato come uno degli elementi chiave della ritrovata unità e sintonia tra le tre confederazioni. Susanna Camusso sa che non è sostenibile un accordo sul modello contrattuale che escluda la più importante categoria, i metalmeccanici Fiom, dal quadro dei rinnovi unitari. Lo sa anche Federmeccanica che ha un bisogno assoluto di un accordo per il rinnovo del contratto, alle sue condizioni ovviamente. Sia per dare un senso  alla propria esistenza ed alle costosissime quote di adesione che le imprese pagano (e infatti molte escono dall’associazione) sia per massimizzare lo svuotamento finale di  un contratto nazionale a favore dell’estensione, del rafforzamento della contrattazione aziendale di ricatto,scambio e restituzione giocata tutta sulla condizione di lavoro. Nel desiderata padronale gli orari, le flessibilità degli stessi, l’inquadramento  (che è salario e diritti insieme) ed i salariali  ( variabili) si discutono solo in azienda. Una posta troppo ghiotta per una Confindustria che non riesce, nonostante le straordinarie conquiste ottenute grazie al sindacalismo complice ed alla legislazione targata Renzi, a portare a casa risultati concreti per le imprese che rappresenta e cioè un contratto nazionale che consenta solo la contrattazione aziendale. Resterebbero così due livelli contrattuali (cosa che confindustria dovrà concedere a Cgil Cisl Uil) ma solo dal punto di vista formale, nella sostanza ne resterebbe uno solo. Per assurdo il fronte del sindacalismo confederale, Fiom compresa, potrebbe riconoscersi in questo modello senza pagarne nessun prezzo particolare. I contratti nazionali sono già derogabili grazie alle intese confederali Cgil Cisl Uil Confindustria, si tratta solo di spostare tutta una serie di materie dal  livello nazionale a quello aziendale. Potrebbe persino essere spesa come una conquista storica del sindacato, considerato che nel passato eravamo proprio noi a rivendicare che tutto si potesse discutere in fabbrica, ma c’erano le lotte e soprattutto non esistevano le deroghe in peggio, tant’è vero che i padroni si rifugiavano dietro i vincoli del contratto nazionale per resistere alle spinte dei lavoratori. Se oggi sono disponibili a portare tutto il peso della contrattazione sull’azienda è perché possono contare sulla remissività indotta dalla crisi e su un quadro di regole, dal Jobs Act alle deroghe, che gli consentono di “vincere facile” come recita la famosa pubblicità.. Sono tante le ragioni, anche divergenti, che spingono i singoli attori ad un’intesa sul modello contrattuale. Tuttavia sono tutte convergenti e unificate nel bisogno assoluto di uscire dalla drammatica crisi di rappresentanza di cui soffrono. Rispetto al tentativo del 2009 quando Fiom e Funzione pubblica Cgil impedirono la firma di Epifani all’accordo separato sul modello contrattuale,  oggi in campo non c’è nessun contrasto alla chiusura del cerchio sul piano sociale. Limitazione del diritto di sciopero-Rappresentanza ad escludere-Contrattazione di ricatto. Tutto spinge verso la sistematizzazione di un modello fondato sul sindacalismo aziendalista e corporativo che manda in soffitta tutto ciò che resta del modello del sindacato vertenziale e democratico degli anni settanta. E’ l’adeguamento storico di Cgil Cisl Uil alla deriva autoritaria, all’austerità politica e sociale, al sindacalismo della miseria che è consentito dentro i limiti e le compatibilità date. Dobbiamo avere la consapevolezza che il modello corporativo e aziendalista non consente il pluralismo sindacale dentro e fuori le organizzazioni, non tollera il dissenso in ogni sua espressione, riduce  la democrazia nei luoghi di lavoro all’esercizio del plebiscito, respinge la partecipazione e il protagonismo dei lavoratori. Quel sindacalismo può sopravvivere solo grazie alla legittimazione ed alle risorse di imprese e governo. Il sindacato unico del regime autoritario Renziano è dietro l’angolo, impediamo che si affermi.
http://sindacatounaltracosa.org/2015/11/26/a-tutto-gas-verso-il-sindacalismo-corporativo-e-aziendalista/


Leggi anche :
http://sindacatounaltracosa.org/2015/12/05/circolare-cgil-verso-laccordo-sul-modello-contrattuale/

sabato 5 dicembre 2015

Contratto Federmeccanica: difficile avvio della trattativa


La trattativa unitaria per il Contratto nazionale del 4 dicembre ha fatto emergere le posizioni esplicite di Federmeccanica e tutte le difficoltà che i metalmeccanici hanno di fronte e che devono superare per riconquistare un nuovo Contratto nazionale.
La Fiom tenendo fede al mandato ricevuto dal referendum sulla propria piattaforma - approvata con il 93% dei consensi - ha confermato le richieste che erano state illustrate con riserva nel primo incontro, svolto il 5 novembre.
Federmeccanica ha indicato quale condizione per un rinnovamento del Contratto nazionale la trasformazione dei minimi contrattuali in minimi di garanzia. Con la conseguenza che eventuali aumenti salariali definiti a livello nazionale non sarebbero più erogati a tutti ma solo a una minoranza delle lavoratrici e dei lavoratori. Infatti tutto il salario fisso, erogato in azienda, assorbirebbe qualsiasi aumento del Contratto nazionale.
Federmeccanica ha inoltre indicato quale perimetro di confronto una serie di temi contenuti nelle piattaforme della Fiom, di Fim e Uilm, in particolare sanità e previdenza integrative, diritto alla formazione e revisione dell’inquadramento, ponendo in tale ambito la richiesta del superamento degli automatismi degli scatti e della maturazione dei Par.
Fim, Fiom e Uilm hanno unanimemente non condiviso e respinto la proposta di Federmeccanica sul salario e confermato la disponibilità a sviluppare il negoziato in tutti i contenuti delle piattaforme presentate.
La Fiom ha ribadito la propria disponibilità a un rinnovamento del Contratto nazionale, del resto contenuta nella propria piattaforma, per affermare l’autorità salariale del Contratto nazionale di lavoro e puntare all’unificazione dei diritti.
L'avvio del negoziato, pur con il fatto positivo di un tavolo unitario, conferma quindi tutte le difficoltà di riconquistare il Contratto.
Un nuovo incontro è stato fissato per il 22 dicembre e Federmeccanica ha annunciato che presenterà una propria proposta complessiva.
La Fiom ha convocato per l’11 dicembre il proprio Comitato centrale per valutare e discutere lo stato della trattativa e il suo proseguo.

venerdì 4 dicembre 2015

La Michelin di Fossano (Cuneo) non deve chiudere!

Il 3 novembre Michelin, multinazionale francese dello pneumatico presente in 17 paesi con 68 siti produttivi e circa 112.000 occupati (di cui più della metà in Europa), ha annunciato un Piano Strategico 2016-2020 con importanti conseguenze negative per molti lavoratori, non solo del nostro paese:
- chiusura entro il 2016 dello stabilimento di Fossano (provincia di Cuneo), oltre 400 lavoratori coinvolti;
- chiusura nella prima metà del 2016 del reparto, nello stabilimento di Alessandria, che si occupa della ricostruzione delle carcasse di pneumatici usati, 30 lavoratori;
- riorganizzazione della rete logistica con la chiusura dei magazzini di Tribano (PD) e Torino Stura (rispettivamente 28 e 120 i dipendenti coinvolti) e coinvolgimento del magazzino territoriale di Roma.
continua a leggere su:

Solidarietà Segretario Provinciale CIB-UNICOBAS Livorno

Il Coordinamento dei rappresentanti RSU e dei delegati della Confederazione Italiana di base (CIB) Unicobas promuove un appello in solidarietà con il segretario provinciale dell'organizzazione sindacale, Claudio Galatolo.

https://www.change.org/p/tribunale-di-livorno-solidariet%C3%A0-segretario-provinciale-cib-unicobas-livorno?recruiter=440515946&utm_source=share_petition&utm_medium=facebook&utm_campaign=share_for_starters_page&utm_term=des-lg-no_src-no_msg&fb_ref=Default

mercoledì 2 dicembre 2015

Continental: situazione delicata e preoccupante....ma le assemblee si faranno con calma...


Siamo venuti a conoscenza del fatto che la RSU ieri ha deciso di pianificare le assemblee retribuite per conferire sulla riunione del 26 novembre a partire dal 9 dicembre.
Per usare le parole della RSU, in Continental c'è una "situazione delicata e preoccupante" ma questa delegazione sindacale si permette il lusso di avviare la discussione coi lavoratori ben 12 giorni dopo l'incontro.


P.S.: vuoi vedere che anche questa volta la nostra RSU si giocherà la carta "dell'aiuto dall'azienda" e quindi ci faranno passare nuovamente per la doppietta "assemblea aziendale" prima e "assemblea sindacale" dopo?

martedì 1 dicembre 2015

RESPINTO!!!!!

Riceviamo e pubblichiamo l'ordine del giorno presentato dalle delegate Cini e Garzella alla riunione RSU di oggi:


L'ordine del giorno è stato respinto dalla RSU:
- presenti alla riunione 9 delegati
- 2 voti favorevoli (le firmatarie)
- 6 contrari
- un delegato non ha voluto partecipare alla votazione

Il non accoglimento del documento da parte della RSU, oltre a significare la negazione che negli ultimi anni ci sia stata una politica aziendale di peggioramento delle condizioni di lavoro e di aumento dei carichi di lavoro, rende esplicita e chiara la volontà della RSU di accogliere il piano aziendale per il "recupero di efficienza produttiva" a spese dei lavoratori e scioglie ogni dubbio sul fatto che non c'è alcuna intenzione di aprire una vertenza in difesa dei diritti di noi lavoratori.

lunedì 30 novembre 2015

INCOMINCIARE A REAGIRE!



Riceviamo e pubblichiamo:

Cosa sta accadendo in Continental? Quali sono gli obiettivi dell'azienda?
“Diventare competitivi tagliando I costi”, si dice. In realtà si tratta di un preciso “programma”, di una politica aziendale finalizzata all'aumento della produttività e alla riduzione dell'occupazione. Assistiamo già, giorno per giorno da due anni, al tentativo di realizzare la stessa produzione con meno occupati, attraverso l'aumento dei ritmi di lavoro,  la composizione delle squadre, la flessibilità.

Come lavoratori, come possiamo rispondere al programma aziendale e difendere i nostri interessi? Sono due le strade possibili, diverse e opposte:
1)  Accettare il concetto per cui l'azienda “e` competitiva” e rimane a Pisa solo se abbatte i costi, cioè le condizioni di lavoro, I salari e l'occupazione. Quindi assecondare l’azienda nel  peggioramento delle condizioni di lavoro di tutti noi.

Oppure

2) Rifiutare la logica dell'azienda, che è solo la logica dei suoi interessi e dei suoi profitti. Ogni anno le due fabbriche di  Pisa producono più di venti milioni di pezzi, per un  valore totale di circa 200 milioni di euro, pari a più di duecentomila  euro per dipendente. Quanto può risparmiare la Continental sui salari portando la produzione in altri paesi? E quanto le può costare in più in nuovi impianti, formazione e istruzione dei lavoratori, trasporti, trasferte di dirigenti, ecc? L'obiettivo dell'azienda non e` andarsene, è guadagnare di più: ogni euro in meno nel salario di ciascun dipendente sono mille euro in più nei suoi profitti, ogni dipendente in meno, a parità di produzione,  circa 40.000 euro di aumento dei profitti ogni anno. E` solo di questo che si sta parlando.

La prima strada porta ai licenziamenti, più o meno “concordati”. Si intende, senza ridurre la produzione, e perciò aumentando i ritmi di lavoro. Anzi, prima l'azienda chiederà di lavorare di più e rinunciare ai diritti, poi dirà che ci sono gli esuberi.
E` questa la strada che la segreteria provinciale FIOM e parte della RSU ci stanno proponendo. Che cosa significa che metteranno “in piedi ogni proposta al fine di mantenere le condizioni economiche e produttive che consentano il mantenimento e il consolidamento dei livelli occupazionali attuali”? Se le “proposte” devono aumentare la produttività, per fare la produzione basteranno meno lavoratori e arriveranno i licenziamenti. Calarsi nei panni dell’azienda significa fare proposte che non possono essere che a spese dei lavoratori.

Noi invece crediamo che già i passati cedimenti siano stati un grosso errore, che ha permesso all’azienda di fare diversi passi in avanti nella realizzazione del suo progetto. Continuare così significa darle mano libera. Da questo momento in poi dobbiamo iniziare a mettere dei paletti all'avanzare dell'azienda, sulla limitazione delle pause, la negazione del diritto al part time,  l’aumento dei carichi di lavoro, il trasferimento del FR, l’accorpamento S. Piero – Fauglia che comporti licenziamenti.  Anche l'uso degli ammortizzatori sociali ha senso solo se va a vantaggio dei lavoratori, non per scaricare  sull’INPS, cioè sui contributi dei lavoratori, i costi dell'azienda.
E` necessario aprire una VERTENZA non per “abbattere I costi”, ma per DIFENDERE I NOSTRI DIRITTI.

Tutti noi possiamo essere incisivi e il nostro dovere di lavoratori è provare ad esserlo, mettendo in campo sin da subito iniziative di contrasto. L’atteggiamento non deve essere quello della paura di essere inseriti sulla “lista nera” di chi segue la strada del contrasto e non accetta di subire e condividere il progetto aziendale. Non è mostrandosi compiacenti alla linea aziendale, non e` seguendo quella parte della RSU che la sostiene, che ci si salva.
La logica del “mantenimento del sito produttivo” a spese del posto di lavoro di una parte di noi e dei diritti di tutti è inaccettabile. SOLO RIFIUTANDOLA RIUSCIREMO A RIMANERE TUTTI UNITI E A VINCERE!

S. Cini, G. Romboli, M. Ruffa, G. Garzella,  di “Il Sindacato è un’altra cosa”

25 novembre 2015

venerdì 27 novembre 2015

L'AZIENDA HA DECISO DI CHIEDERE LA FETTINA DI CxxO



Innanzitutto pubblichiamo la lettera inviata a tutti i lavoratori Continental dal Segretario provinciale FIOM:




Nella sua lettera ai dipendenti Continental il Segretario provinciale FIOM dice di essere "costretto a smentire" perché sul volantino a firma Cini, Romboli, Ruffa e Garzella gli si attribuisce la responsabilità di aver riferito di "decisioni già assunte" dall'azienda sul trasferimento di volumi e l'accorpamento delle sedi. In effetti sul volantino troviamo scritto esplicitamente che "ancora oggi la segreteria provinciale e la maggioranza della RSU sostengono che non c'è nessuna decisione di trasferimento dei FR".
Non ritenendo che l'errore provenga dall'incapacità di leggere e capire un semplice volantino, temiamo che l'espressione "decisioni già assunte" usata dal Segretario  sia piuttosto un lapsus freudiano e quindi un'ammissione su decisioni che lui sa che l'azienda intende prendere. La necessità di smentire e la fretta con cui lo fa sono poi un chiaro segno dell'intenzione di voler continuare a sminuire quanto sta accadendo. Per finire la lettera appare molto sulla difensiva e manifesta la necessità di giustificarsi soprattutto nella parte finale in cui tiene a sottolineare che "ciò che stiamo facendo e che continueremo a fare in Continental è assolutamente alla luce del sole" e a tutti i dipendenti "garantiamo che agiremo esclusivamente nel loro interesse"....

Ulteriore conferma di ciò la troviamo nel documento a firma congiunta con la RSU pubblicato il 26 novembre dopo l'incontro con l'azienda. Ancora nessuna informazione sul trasferimento dei volumi produttivi e sull'accorpamento delle due sedi ma nessuna pretesa da parte della delegazione sindacale di sciogliere il nodo. Anzi la cosa è chiaramente sfruttata per "tenere col fiato sospeso" i lavoratori non negando volutamente la eventuale mannaia di licenziamenti futuri.
L'azienda non solo non da le informazioni per cui era stato richiesto l'incontro ma guarda caso "approfitta" per esporre le sue richieste:
"recupero di efficienza produttiva" tramite "regolamentazione delle pause, taglio del secondo giorno di permesso retribuito per donazione di sangue, necessità di tornare a produrre il certificato medico in caso di indisposizione", regole da concordare sulla "questione dei part time"..... e magari una fettina di Cxxo?

E' arrivato il momento di dire basta perché altrimenti le pretese non finiranno qui e concedere oggi un altro arretramento sui diritti non vuol dire assolutamente garantirsi il posto di lavoro domani!

Leggi anche:
http://ilfoglio-bianco.blogspot.it/2015/11/rls-aggiuntivo-in-cambio-dellaccordo.html
http://ilfoglio-bianco.blogspot.it/2015/11/fermare-subito-le-decisioni-dellazienda.html

mercoledì 25 novembre 2015

SOLIDARIETA' AI COMPAGNI DELLA FCA DITERMOLI

Siamo completamente con i delegati e i lavoratori che sostengono lo sciopero alla Fiat di Termoli.
Siamo delegati  in Piaggio (5 su 9 fiom) e in Continental (2 su 10 fiom). Non abbiamo alcun dubbio a schierarci con i delegati che hanno dimostrato la loro responsabilità e il loro coraggio dichiarando lo sciopero contro i sabati a straordinario, come non abbiamo dubbi a dire che ai lavoratori non servono certi dirigenti sindacali. Un segretario provinciale della FIOM che sente il bisogno di scrivere una lettera, non per dare il suo contributo allo sciopero, ma per cercare di screditarlo, portando ovviamente acqua a tutti quelli che lavorano per spingere i lavoratori alla passività e alla sconfitta, in primis il padrone, non ha nulla da spartire con i lavoratori e con le loro lotte.

Scioperi come quello di Termoli sono invece per noi una necessità e un riferimento fondamentale. Indirli e sostenerli  significa combattere la prepotenza padronale, ma anche respingere e invertire una politica sindacale di  cedimento, di rinuncia e di incapacità che ha messo i lavoratori in una condizione di difficoltà e di impotenza, significa lavorare per riportare gli operai a contare in fabbrica e in questa società.

Per questo condividiamo le considerazioni dei compagni di Melfi. Per questo bisogna che i delegati di fabbrica si assumano la responsabilità di proporre ai lavoratori un punto di vista e una prospettiva di affermazione intransigente dei propri diritti e dei propri interessi. E bisogna che le forze che combattono questa battaglia in tante fabbriche incomincino a lavorare su obiettivi e prospettive comuni.

25/11/15 

Delegati FIOM Piaggio e Continental: Cappellini Massimo, Malventi Massimiliano, Tecce Adriana, Porticati Rossella, Guezze Giorgio, Cini Silvia, Giada Garzella

Leggi anche:

lunedì 23 novembre 2015

Fermare subito le decisioni dell'azienda



Riceviamo e pubblichiamo:

..Le produzioni future dei FR si faranno a Txxxxxx anziché in Italia; dal punto di vista dei costi non c'è gara e il FR non è il nostro business.."

Questa sarebbe la posizione dell'azienda, secondo quanto riportato alla RSU dal segretario provinciale Fiom, a seguito di una “convocazione urgente” da parte dell'azienda il 19 Novembre scorso e di  un successivo colloquio col direttore di stabilimento. 

E` da Settembre che abbiamo sollevato il problema delle reali intenzioni dell'azienda.

I segnali di una politica aziendale finalizzata al ridimensionamento degli stabilimenti  di Fauglia e San Piero  erano fin troppo evidenti: 

esuberi dichiarati anche a fronte di volumi in crescita, carichi di lavoro aumentati, linee che chiudono, macchine che vengono smontate e trasferite per un imminente accorpamento di sede. 

Che cosa bisognava aspettare per far conoscere ai lavoratori tutta la verità? Che cosa deve succedere perché si apra finalmente una vertenza che faccia capire bene alla direzione aziendale che i lavoratori non accetteranno passivamente le sue decisioni? 

Ma la segreteria FIOM e la maggioranza della RSU hanno continuato per due mesi a minimizzare, a incontrare l'azienda solo come “delegazione trattante”, tagliando fuori il resto della RSU,  “tranquillizzando” i lavoratori con un comunicato confuso e scarso di contenuti e rinviando ogni iniziativa di opposizione al progetto aziendale. Ancora oggi la segreteria provinciale e la maggioranza della RSU sostengono che non c'e` nessuna decisione  di trasferimento dei FR, come se non fosse chiaro a tutti il senso dell'ultima “convocazione urgente”. 

Forse pensano di far tornare indietro le decisioni dell'azienda offrendo qualche altro vantaggio a spese dei lavoratori e dell'INPS, come e` stato in questi anni con gli aumenti della flessibilità e il ricorso alla Solidarietà?

Oppure non hanno la volontà di contrastare le decisioni dell'azienda e ne accettano di fatto le conseguenze? 

Evitare i licenziamenti, i ricatti e il peggioramento ulteriore delle condizioni di lavoro si può fare con  una politica sindacale chiara e coerente, che come lavoratori Continental abbiamo il diritto di esigere, e portata avanti con iniziative di lotta che dobbiamo d'ora in poi prendere nelle nostre mani.  

23 novembre 2015

G.Romboli, S.Cini, M.Ruffa, G.Garzella
Area “Il Sindacato è un’altra cosa”

RLS aggiuntivo in cambio dell'accordo sulle pause?



"La scrivente Organizzazione Sindacale, in riferimento agli accordi intercorsi, comunica di aver provveduto ad eleggere il membro aggiuntivo della RLS per lo stabilimento di Fauglia nella persona di Daniele Rossi già componente della RSU."

Questo è il testo della comunicazione del segretario provinciale FIOM Marco Comparini alla direzione Continental e all'Unione Industriali.

Quello che ci chiediamo è quali siano questi "accordi intercorsi" visto che per quanto ci risulta non esiste nessun accordo scritto di cui si possa prendere visione.

Il nostro augurio è che il nuovo RLS non sia stato barattato con un imminente accordo sulle pause....

Leggi anche:
http://ilfoglio-bianco.blogspot.it/2015/07/incontro-rsu-azienda-per.html
http://ilfoglio-bianco.blogspot.it/2015/07/pause-continua-il-processo-di.html

domenica 22 novembre 2015

No alla loro guerra! Organizziamo la diserzione


Sergio Bellavita
I sanguinosi fatti di Parigi apparivano da subito destinati a produrre effetti su larga scala e di lungo periodo sul piano politico e sociale. Non è la prima volta che il terrore semina morte nel cuore della vecchia Europa. Nel marzo del 2004 fu colpita la Spagna con una serie di bombe su binari e su treni regionali che causarono 191 morti. Nel luglio 2005 toccò a Londra con 52 pendolari uccisi nella metropolitana da 4 attentati suicidi. Eppure i tentativi dei governi di sfruttare l’indignazione, la rabbia e l’onda emotiva popolare non si erano mai spinti fino a invocare ed ottenere, per la prima volta nella storia della NATO, l’applicazione dell’articolo 5 del trattato atlantico che prevede l’aiuto e l’assistenza ad un paese attaccato da parte degli altri paesi membri. Stato di eccezione anche per il consiglio di difesa della Ue che con la Mogherini annuncia l’attivazione, per la prima volta, dell’articolo 42.7 del Trattato di Lisbona, la cosiddetta “Clausola di difesa collettiva”. Clausola che prevede l’obbligo di assistenza degli altri paesi membri ad un paese che subisce un’aggressione armata sul suo territorio. Sul fronte interno il presidente socialista Hollande chiede che si adatti la costituzione allo stato di emergenza permanente in modo che sia possibile affidare prerogative eccezionali alle autorità amministrative in termini dipoteri di polizia riguardanti la circolazione di persone e di veicoli, il soggiorno di persone, la chiusura di luoghi pubblici, le perquisizioni a domicilio di giorno e di notte, il divieto di riunioni di natura tali da comportare disordini, nonché il sequestro di armi. Le ragioni che spingono le classi dominanti a questa drammatica escalation non sono quindi la conseguenza della particolare efferatezza dell’attacco quanto invece soprattutto segno della particolare fase storica che attraversiamo. In primo luogo la crisi sistemica di un capitalismo, soprattutto dentro l’area Euro, che non è più in grado di garantire una vita dignitosa a gran parte della popolazione. Ogni nuova generazione ha la certezza che sarà più precaria di quella che l’ha preceduta. I paesi dell’Europa decrescono in maniera infelice cancellando uno alla volta, in un processo che sembra inarrestabile, ogni elemento di quello che viene definito modello sociale europeo. Salari, pensioni, diritti sociali, tutto è compresso sull’altare della crisi, del debito pubblico, della competizione globale delle merci. In tal modo si genera e si alimenta un odio generalizzato e inconsapevole pronto a riversarsi sul diverso, sul migrante, sul sovversivo, su tutto ciò che appare portatore di bisogni, posti in competizione diretta per lo stesso piccolo e angusto spazio. La guerra militare è, da questo punto di vista, l’altro volto della guerra civile per la sopravvivenza a cui il capitalismo ha costretto un’umanità che ha smarrito la capacità di riconoscere il vero nemico nelle politiche di predominio dei pochi sui molti. Si è creato così il necessario consenso sociale alla guerra sul fronte interno ed esterno. Per lo discreditato ceto politico europeo che presiede alle politiche d’austerità, il terrore è anche il pretesto con il quale imporre la militarizzazione della società, la riduzione degli spazi di democrazia e partecipazione, la corporativizzazione totale delle relazioni tra capitale e lavoro in nome del presunto bene supremo della patria e dell’impresa. Ed è anche la possibilità di recuperare consenso elettorale e sociale dalle grinfie dell’estrema destra. Lo avevamo detto sin dal 2008 che la guerra su larga scala, in assenza di un nuovo profondo rivolgimento sociale, rischiava di divenire una possibile via d’uscita per il capitale. Fatto non nuovo, come ci insegna peraltro quanto successo con la grande crisi del 1929. Se tutto ciò può tuttavia accadere è anche perché la sinistra politica e sociale è lontanissima dal poter giocare un ruolo sulla scena politica ed anzi rischia di arruolarsi anch’essa in parte nella nuova guerra civile globale e locale. Lo testimoniano l’imbarazzante silenzio e la complicità delle principali centrali sindacali e il clima di grande coalizione che attraversa l’Unione Europea e non solo. Da tre giorni si è scatenata l’aviazione di Hollande con i bombardamenti sulla città di Raqqa, “autorizzati” ad una rappresaglia che ben pochi danni farà a Daesh, evidentemente attrezzata a subire la prevedibile reazione militare francese, e molti ne farà alla incolpevole popolazione di una città che i media mainstream hanno rimosso colpevolmente. Russia e Usa hanno ricomposto le loro apparentemente insanabili divergenze spartendosi per il momento sfere di influenze e interessi sostanziali , la guerra è pur sempre guerra per il predominio territoriale, per l’accaparramento delle risorse… Si prepara quindi una nuova pesantissima estensione di un conflitto con conseguenze imprevedibili. Il livello di ipocrisia che la propaganda di guerra ha messo in campo per arruolare tutti noi nello sforzo bellico è impressionante. Un’ipocrisia che diventa intollerabile quando soppesa i morti e li divide tra quelli di valore e quelli che non fanno né notizia né indignazione. Quanti palestinesi, siriani,afghani, nigeriani è necessario uccidere o semplicemente vedere morire affogati nel mediterraneo per suscitare la stessa commozione che suscita l’uccisione di un bianco occidentale? La verità è che i responsabili della barbarie che pretendono di imporci sono gli stessi che hanno disegnato confini di altri paesi con la forza dei loro eserciti, che hanno torturato i partigiani algerini che lottavano contro l’oppressione francese, sono gli stessi che hanno cercato di esportare la “democrazia” delle multinazionali in Iraq e Afghanistan, che hanno bombardato e smembrato la Jugoslavia. Daesh oggi, come Al Qaeda ieri, sono i figli delle loro folli avventure militari, della loro violenza. La verità è che la guerra è direttamente contro gli interessi delle classi popolari, contro cioè chi pagherà per intero il prezzo dello stato d’emergenza permanente e dello sforzo bellico. La guerra è la loro quindi, ma i morti sono solo nostri. Per queste ragioni non abbiamo alcuna intenzione di unirci al coro di coloro che invocano leggi speciali e che pretendono di mettere a ferro e fuoco intere regioni del pianeta. La folle violenza del terrore si combatte ripristinando la libertà e la sovranità dei popoli, anche quando è di un colore che non ci piace. E si combatte mettendo al centro delle politiche la giustizia, l’eguaglianza e la fraternità come fondamenti di una convivenza civile. Noi non ci arruoliamo e lavoreremo da subito a organizzare la diserzione di massa alla loro guerra.

sabato 21 novembre 2015

La lezione di un Referendum inaccettabile




La mancanza di informazione e di discussione sulla Piattaforma FIOM, la fretta di chiudere il Referendum  e il suo fallimento in termini di partecipazione al voto, alla Piaggio come in tante altre fabbriche, sollevano interrogativi pesanti  sulle iniziative e sul ruolo che i dirigenti della FIOM stanno assumendo. 
In una fase di attacco padronale, frontale e continuativo da diversi anni, a livello nazionale e di fabbrica, se si intendesse davvero dar vita a una iniziativa di difesa e di reale contrasto, la prima cosa da fare sarebbe coinvolgere e attivare il maggior numero possibile di lavoratori nella discussione e nella costruzione delle Piattaforme rivendicative e delle azioni di lotta. 


La Direzione FIOM ha deciso l'esatto contrario: chiudere in fretta il confronto con i lavoratori sulla Piattaforma, far conoscere il meno possibile i suoi contenuti, tanto meno discuterli, fino al punto di dare inizio alla trattativa sul Contratto Nazionale senza nemmeno aspettare la conclusione dei Referendum. 
Non è un caso, perché  i contenuti della Piattaforma FIOM non  sono altro che la rinuncia a quelle  battaglie che i lavoratori hanno fatto in questi anni e  l'accettazione di praticamente tutte le pretese della Confindustria, dalla limitazione al diritto di  sciopero alle deroghe ai CCNL, dall'aumento della produttività al lavoro festivo, dagli aumenti salariali minimi all'eliminazione della perequazione tra grandi e piccole fabbriche. 


Per questo abbiamo rifiutato di partecipare all'organizzazione del Referendum e abbiamo espresso la nostra totale contrarietà ai contenuti della Piattaforma. 


La nostra valutazione è  che il reale obiettivo della dirigenza FIOM era e rimane solo quello di essere riammessi alle trattative per il Contratto, sugli stessi contenuti dei Contratti separati di FIM e UILM che la FIOM ha giustamente respinto fino a ieri. 


In questo quadro, l'astensione dal Referendum dei 3/4 dei lavoratori Piaggio è chiaramente comprensibile. Per la maggior parte, è stata il risultato sia della difficoltà a esprimersi in mancanza di informazioni adeguate, sia della percezione della irrilevanza del proprio voto. Ma per tanti lavoratori l'astensione e` stata il modo di esprimere il rifiuto consapevole di un metodo che non ammette altro che un SI o un NO. 
Insieme al NO di 224 lavoratori, più di un terzo dei votanti, che sono andati a esprimere il loro rifiuto esplicito di questa Piattaforma, questi comportamenti e questa coscienza, che vengono dalle battaglie di questi anni,  indicano la determinazione a continuare a combattere, in Piaggio come in tante altre fabbriche, per respingere gli attacchi ai diritti e affermare i principi e gli interessi della classe lavoratrice. 

                            Delegati FIOM Piaggio aderenti a "il sindacato e` un'altra cosa"