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sabato 12 dicembre 2015

Ccnl metalmeccanici e tavolo generale: Federmeccanica ha fretta


di Sergio Bellavita.
 Sebbene le posizioni al tavolo di trattativa per il rinnovo del contratto nazionale dei lavoratori metalmeccanici siano su alcuni aspetti assolutamente distanti e al momento irreconciliabili non si può sottovalutare la portata di quanto accaduto lo scorso 4 dicembre. Federmeccanica ha fatto diverse affermazioni di assoluto rilievo che vanno riprese per comprendere la dinamica di questo tavolo contrattuale e più in generale di quello confederale sul modello. Ed ha proposto un percorso stringente con l’obbiettivo di chiudere un’intesa entro fine anno, ragione per cui il prossimo 22 dicembre consegnerà una proposta alle organizzazioni sindacali. In primo luogo ha affermato che il contratto nazionale è “strumento fondamentale” per le imprese (sigh) e che non sono in discussione i due livelli contrattuali.
Ciò contraddice in larga misura la vulgata secondo cui il padronato vorrebbe la fine del contratto nazionale. Ovviamente lo vuole rinnovare alle sue “particolari” condizioni: un contratto nazionale svuotato di ogni elemento solidale e unificante, cornice vuota di principi generali in capo a salario e diritti, mentre tutto ciò che riguarda la prestazione lavorativa va spostato nel livello aziendale a disposizione della contrattazione di ricatto e restituzione al fine di incrementare ritmi, orari e salario di produttività. Non molto distante tuttavia da quanto si sta praticando concretamente e dai principi degli accordi interconfederali degli ultimi 5 anni che hanno rotto ogni argine alla progressiva diversificazione delle condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici. Oggi la contrattazione è già interamente costruita sui bisogni delle imprese, dei mercati. Il Testo Unico del 10 gennaio che ha esteso il modello Marchionne all’insieme del mondo del lavoro ha chiuso ogni contenzioso tra Cgil Cisl Uil su valore, ruolo e funzione del contratto nazionale assegnando alla contrattazione un puro ruolo di accompagnamento del processo di spoliazione di diritti e salario. Si tratta quindi di chiudere il cerchio sanando lo strappo dei metalmeccanici. Operazione non semplice certo ma necessaria per consentire, prima che l’ineffabile coppia Renzi-Poletti produca la legge sul salario orario minimo, un accordo al tavolo generale di Confindustria. Sebbene il quadro sia quello descritto i nodi sono ancora diversi e non di semplice risoluzione. Federmeccanica ha chiesto che vengano assorbiti tutti gli aumenti a coloro che hanno una retribuzione, esclusa quella ad obbiettivi, al di sopra di quella soglia di garanzia che si dovrebbe convenire sui minimi tabellari. Una provocazione per una delegazione sindacale che avrebbe l’ingrato compito di spiegare a tutta la sua base un accordo che non darebbe loro un centesimo. Federmeccanica considera questa via, insieme a quella della dilatazione dei tempi di erogazione delle tranche, alternativa a quella restituzione salariale pura e semplice, in virtù della bassa inflazione, che i chimici hanno convenuto nel loro contratto. Ovviamente sanno che questa strada non è percorribile, ma il tema è posto ed è aperto il confronto su soluzioni alternative di restituzione che consentano di ottenere lo stesso risultato in maniera più indolore se mai possibile… La questione dell’indicatore a cui legare gli aumenti della retribuzione non è solo un problema dei metalmeccanici. Le stesse Cgil Cisl Uil sono impegnate nella ricerca di un indicatore più alto dello zero dell’inflazione ISTAT (sebbene palesemente falso). Emblema della crisi di un sindacato che non sa più nemmeno chiedere aumenti salariali semplicemente sui bisogni, senza un indicatore condiviso con il padronato. Quanto definito al tavolo dei chimici in termini di quantità salariali inevitabilmente sarà preso a riferimento anche per i meccanici, anche perché nessuno dei soggetti interessati al rinnovo ha espresso giudizi negativi sullo stesso. Altro tema pesante gettato da Federmeccanica sul tavolo è quello della cancellazione di ogni automatismo residuo nel Ccnl. In primo luogo gli scatti di anzianità, il cui valore, dopo la disastrosa scelta sindacale di trasformarli in cifra fissa nel 1999, cancellando così l’ultimo pezzo di salario indicizzato post fine scala mobile, è fermo dal 2001. Le imprese chiedono di cancellare l’automatismo del riconoscimento dopo il biennio a favore di un sistema cosiddetto “premiale” sull’inquadramento che propongono, cogliendo la richiesta univoca sindacale, di riformare. In sostanza vogliono riconquistare l’ultimo pezzo di salario non a disposizione aziendale per riconoscerlo a loro discrezione. Anche sulla effettiva erogazione salariale le imprese pongono il tema della cancellazione di ogni presunto automatismo. I premi, i salari si possono riconoscere solo rispetto a obbiettivi precisi di profittabilità e produttività e solo dopo che si sono effettivamente raggiunti , non prima. Niente più riconoscimenti a pioggia! In sostanza immaginano un contrattazione variabile sui due livelli, ad obbiettivi, in cui non vi è nessuna certezza all’atto della firma sull’effettiva applicazione di quanto sottoscritto. Può riguardare sia il valore dei minimi salariali, chimici docet, sia l’effettiva erogazione di quanto dovuto se l’azienda è in crisi o non ha risultati positivi del conto economico. Più semplice appare il confronto su temi della sanità e della previdenza integrativa e del cosiddetto welfare contrattuale che Federmeccanica considera importantissimi e sui quali vuole investire visto l’obbiettivo generale di riduzione della spesa pubblica e di conseguenza della pressione fiscale, sostenuta da governo e imprese. Temi sui quali le posizioni dai due lati del tavolo non sono distanti. Il prossimo 22 dicembre Federmeccanica consegnerà una sua proposta per chiudere entro l’anno. Una scelta inusuale considerato che siamo solo al terzo incontro. Una scelta che potrebbe consentire a Fim-Fiom-Uilm di ricostruire, superando formalmente le rispettive piattaforme, una risposta unitaria. Difficile prevedere l’evoluzione del tavolo dei meccanici il cui equilibrio è sempre precario considerata l’asprezza dello scontro di questi anni, tuttavia in campo non ci sono più le rilevanti differenze di linea contrattuale del passato. Non vi è più battaglia in difesa del contratto nazionale, il testo unico firmato dalla Cgil ha certificato la sconfitta di una Fiom che ha avuto il coraggio di dire No a Fiat. Il contratto possibile è oggi solo quello di adattamento alle compatibilità date, deroghe e Jobs Act compresi. Inoltre i sindacati dei metalmeccanici sono legati da una pratica litigiosa certo, ma unitaria a livello di gran parte dei grandi gruppi industriali e non possono non considerare la pressione dei confederali e di Confindustria smaniosi di un’intesa che apra definitivamente alla trattativa generale sul modello. Sarebbe necessario aprire una riflessione sulla contrattazione. E’ ancora lo strumento per rispondere ai bisogni dei lavoratori ? Crediamo che in questo quadro la contrattazione, se non si rompe il quadro attuale, serva molto più alle imprese che ai lavoratori. E serve anche alle organizzazioni sindacali che da tempo hanno deciso di slegare le loro sorti da quelle di chi dovrebbero rappresentare. Temi non più rinviabili per chi, come noi, sente l’urgenza di ridare senso e valore all’iniziativa sindacale, di rimettere al centro i bisogni più che le regole contrattuali. Se c’e’ una lezione che il sindacato avrebbe dovuto trarre nel bilancio di quanto accaduto dal 1993 ad oggi è che gli interessi dell’impresa e quelli del lavoro non sono conciliabili se non nel conflitto. Le famose regole a cui è stata consegnata ogni autonomia contrattuale sono parte dell’ideologia del mercato a cui il sindacalismo confederale si è convertito consentendo il più grande esproprio, al lavoro a favore di rendite e profitti, della storia della nostra piccola e malandata repubblica. Federmeccanica ha lanciato un appello ai sindacati metalmeccanici per un contratto fondato su “impresa bene comune”. Un appello da rispedire al mittente. Le imprese, soprattutto le grandi, che in questi anni hanno licenziato a man bassa, precarizzato, aggravato la condizione lavorativa, ridotto salari e tutele, inquinato e ucciso come all’Ilva mentre continuavano a succhiare soldi alle casse pubbliche sono un “male comune”. Siamo forse alla vigilia di un nuovo e pesante patto corporativo Cgil Cisl UIL Confindustria si contratti rappresentanza e diritto di sciopero. Un patto denso di gravi conseguenze sulla condizione di chi lavora e più in generale del paese. Il riformismo delle compatibilità date, degli angusti limiti della UE e’, insieme a chi governa, responsabile anch’esso della nuova ondata di barbarie che sta pervadendo l’Europa e che rischia di portare l’estrema destra al governo della Francia. Avremmo bisogno della ripresa su vasta scala del conflitto sociale come unico antidoto alla xenofobia dilagante invece tutto il mondo della rappresentanza sociale del lavoro è impegnato alla contrattazione del meno peggio. E tutti sappiamo dove conduce

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