Sintesi dell’intervento di Sergio Bellavita al direttivo Cgil del 17 dicembre
Voglio dire subito che considero gravissimo che il direttivo che doveva discutere e decidere dopo lo sciopero generale la continuità delle iniziative anziché discutere due giorni si riduca ad un paio d’ore e si svolga in un clima prefestivo. Metà della sala si è svuotata dopo la relazione di Susanna Camusso. Trovo tutto ciò poco dignitoso e rispettoso se si considera la gravità della situazione e la pesantezza dei provvedimenti del governo. Dalla relazione emerge con nettezza la scelta di smobilitare il fronte che si era costruito contro il jobs act. È’ inaccettabile, scandaloso che si possa cantare vittoria per un incontro convocato da Renzi per tutto il gruppone delle parti sociali. Il governo prepara due decreti attuativi per Natale e noi in tutta risposta demandiamo al rapporto con la Uil e alla riconquista di quello con la cisl. Non vi è nessuna proposta di continuità con le lotte, nessuna scelta di contestare davvero le politiche del governo. Così facendo si dimostra la vera natura della fase di mobilitazione cgil, testimoniare la propria esistenza, forza. La cosiddetta guerriglia contrattuale lanciata da Barbi, vedo qui molto ridimensionata, si poggia su un ipocrisia inaccettabile. Dovremmo chiedere a lavoratori e lavoratrici di lottare nei luoghi di lavoro per impedire o attenuare l’applicazione del jobs Act. Proprio mentre noi decidiamo la smobilitazione chiediamo, in pieno regime accordo dieci gennaio, ai lavoratori di sobbarcarsi quello che il sindacato non fa. Oltretutto senza spiegare bene come è su quali presupposti concreti si poggi questa contrattazione diffusa. La mia impressione è che sia semplicemente fumo a manovella per coprire la fine della parabola e la sconfitta cgil verso il governo. State sottovalutando le conseguenze delle scelte del governo sulla condizione di lavoro e sullo stesso sistema sociale e politico. Questo direttivo è appunto la rappresentazione plastica di questa sottovalutazione e descrive bene la crisi della Cgil, la sua profondità. Sono francamente indignato di questo modo di discutere, o meglio di non discutere. Siamo precipitando e fingiamo di non sentire nulla. Così non va compagni, non basteranno più le altisonanti parole, i toni accorati a salvare questa organizzazione.
22 DICEMBRE 2014
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