Pagine

giovedì 13 marzo 2014

Intervento di Michela Ruffa al Congresso provinciale FIOM

Vorrei innanzitutto fare una premessa su come si parla. Ritengo che il LINGUAGGIO sia fondamentale per comunicare con chi rappresentiamo. Se vogliamo rivolgerci ai lavoratori dobbiamo smettere di fare discorsi incomprensibili che dicono tutto per dire niente volutamente e sono solo fiumi di parole senza alcuna proposta chiara e concreta per uscire dalla situazione in cui siamo. Bisogna cominciare a parlare ai lavoratori in modo semplice e onesto se vogliamo veramente farci capire, coinvolgerli e costruire con loro azioni sindacali.

Su una cosa penso siamo tutti d'accordo. Siamo sotto attacco da parte di chi vuole lo smantellamento dei diritti acquisiti sia come lavoratori che come cittadini.
Se tutti partiamo da questa convinzione e se è vero che tutti vogliamo contrastare quest'attacco, sappiamo anche bene che l'unico modo per farlo è quello di contrapporci senza esitazione e con forza insieme ai lavoratori.

Non si può dire che si rifiutano le politiche d'impoverimento dei paesi (politiche di austerity) e le politiche padronali di smantellamento dei diritti nelle fabbriche e poi effettivamente non far niente per contrastare queste politiche. E quello che ha fatto la CGIL negli ultimi anni è proprio un'accettare passivamente tutte le riforme che ci hanno fatto tornare indietro di decenni, a partire dalla riforma delle pensioni a quella degli ammortizzatori sociali e la modifica dell'articolo 18. Bisogna essere coerenti tra le parole e i fatti. Bisogna smettere di fare proclami in contraddizione con quello che effettivamente si fa. Di fatto stiamo contribuendo a far credere ai lavoratori che si esce dalla crisi solo se si accetta di fare sacrifici e che comunque con la crisi nulla si può fare, nessuna battaglia è ormai possibile. 

Non si può continuare a cercare di far credere che siamo rivoluzionari quando invece non organizziamo battaglie vere e di reale contrasto a questo stato di cose ma solo qualche raro sciopero di rappresentanza con manifestazioni a Roma per contarci e far vedere che ancora la CGIL esiste. Non ci si può meravigliare se poi i lavoratori smettono di partecipare perchè comprendono l'inutilità di tali azioni.

Se vogliamo veramente contrastare questo stato di cose bisogna inevitabilmente costruire con i lavoratori seri percorsi di lotta. Spetta a noi organizzarli e risvegliare in loro il concetto di solidarietà reciproca. Spetta a noi unirli nelle lotte. Solo per fare un esempio, penso che i lavoratori dell'Elettrolux siano stati lasciati soli nella loro battaglia su questioni che invece riguardano tutti i lavoratori. Perchè non abbiamo chiamato alla lotta per lo meno tutti i metalmeccanici, per lo meno quelli delle aziende dove ci sono ancora i presupposti per fare opposizione? Come si fa a parlare di solidarietà se non si costruiscono percorsi solidaristici e si lasciano i lavoratori nell'isolamento delle loro piccole realtà?

Sappiamo bene che l'unico modo per ricominciare ad organizzare i lavoratori e le lotte è quello di ridare dignità ai delegati nelle fabbriche. E sappiamo bene che col pessimo accordo firmato da CGIL-CISL-UIL e Confindustria il 10 gennaio 2014 si fa l'esatto opposto levando completamente autonomia e dignità ai delegati e relegandoli al ruolo di meri portavoce ed esecutori delle decisioni dei vertici sindacali e delle decisioni calate dall'alto. Questo per me vuol dire che l'obiettivo di questa CGIL non è quello di contrastare veramente le politiche di smantellamento dei diritti.

La CGIL ha scelto e deciso di essere un'altra cosa rispetto ad un sindacato dei lavoratori. Allora penso che dovrebbe per lo meno dirlo onestamente. Sostenere che i tempi siano cambiati e che bisogna cedere sui diritti può anche essere un'analisi e quindi una posizione legittima, che in tanti non condividiamo ma è legittima. Però bisogna avere il coraggio di dirlo onestamente ai lavoratori, altrimenti li inganniamo e loro continuano a non capirci, a perdere fiducia in noi e soprattutto non diamo loro modo di "crescere" e di adeguarsi al cambiamento. Li facciamo semplicemente sprofondare in un pericolosissimo stato di impotenza, rassegnazione ed individualismo. E' questo l'obiettivo?


E la politica sindacale di accettazione e cedimento, perchè di questo si tratta, che sta prendendo sempre più piede a livello nazionale si ripercuote nelle aziende dove si percepisce una totale subalternità sindacale alle richieste dei padroni.
Si cede anche nelle aziende grosse che stanno ancora bene. Si cede anche dove si potrebbe e si dovrebbe fare la tenuta dei diritti. Figuriamoci se ci si azzarda addirittura a rivendicare qualcosa. Anche in queste aziende ci viene detto che, siccome c'è la crisi, non abbiamo la forza di opporci a niente. Sembra si voglia convincere i lavoratori che non c'è più possibilità di reagire per difendere quello che si ha.

Voglio parlare della mia azienda solo per riportare un altro esempio. La Continental è una multinazionale che sta bene, che fa profitti. La limitatezza della realtà locale della sede di Pisa è solo un'idea nostra perchè di fatto si tratta di una multinazionale che come tutte le altre sta portando avanti la politica di attacco per lo smantellamento dei diritti acquisiti con l'unico scopo di fare sempre maggiori profitti. Eppure qualcuno continua a credere che Continental non adotti questa politica ma semplicemente è costretta a renderci sempre più "flessibili" per poter garantire a noi il posto di lavoro. E così anche in Continental si stanno facendo accordi peggirativi sugli orari di lavoro e accordi di solidarietà che spesso sono firmati dai sindacati con troppa leggerezza e spesso sono usati dalle aziende per far cassa e aumentare i carichi di lavoro. Gli accordi peggiorativi in Continental sono stati fatti senza nemmeno provare a metter su azioni di lotta e di contrasto coi lavoratori. Gli accordi peggiorativi in Continental sono, secondo me, frutto della politica di subalternità e accettazione di cui ho parlato prima.

Se si vuol provare a vincere bisogna per lo meno provare a combattere. Se nemmeno proviamo a farlo, sicuramente avremo perso in partenza.

2 commenti:

  1. Meglio un buon accordo, che una grassa sentenza.

    Se tu hai torto fa' causa, se tu hai ragione, accordati.

    Saggezza popolare................

    RispondiElimina
  2. Ottimo. Brava. Spero che qualcuno al congresso abbia apprezzato il tuo coraggio e la tua coerenza. Purtroppo, conoscendo la Cgil, ho buoni motivi per dubitarne. Nonostante questo, avanti così!

    RispondiElimina