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sabato 27 novembre 2021

USB: PROVIAMO AD ESSERE ANCORA PIÙ CHIARI DEL SOLITO SULLA QUESTIONE VITESCO

I volumi produttivi sono calati sicuramente per effetto della mancanza di semiconduttori ma a questo si sovrappone la pesante decisione della casa madre di non acquisire più nuovi ordini dai clienti. I volumi della sede americana in dismissione ci stanno dando sicuramente  un po' di respiro ma oltre agli attuali volumi non c'è niente. Nessuna riconversione delle linee produttive e nessun piano di riqualificazione di tutto il personale di produzione sono stati previsti e finanziati nel breve termine per scongiurare il vuoto che arriverà alla fine della produzione degli iniettori. Stiamo solo riempiendo gli spazi vuoti delle clean room coi cadaveri di New Port News mentre in altre sedi costruiscono linee super tecnologiche per le nuove produzioni.

Nonostante la regione Toscana abbia finanziato per la riconversione la formazione di 100 impiegati (alcuni dei quali già andati via), l'azienda ha già dichiarato un'eccedenza di personale dovuto ad un calo del 30% dei volumi ed ha cominciato a licenziare, col beneplacito dei sindacati confederali e delle loro RSU, lasciando a casa i 139 lavoratori in staff leasing. 

Il quadro è questo e siamo a questo punto anche perché, a partire dal 2018, FIOM e FIM si sono assunti la grave responsabilità di sottovalutare e rinviare di continuo concedendo alla multinazionale tempo per mettere in atto i suoi piani di ristrutturazione. Ed ora, aver gestito la questione dei lavoratori in staff leasing senza il coinvolgimento dei dipendenti Vitesco, mantenendo separate le vertenze, è un'altra grave colpa. Continuare a sostenere che la vertenza occupazionale Vitesco possa risolversi ai tavoli col governo serve solo a spostare ulteriormente in avanti la reazione dei lavoratori, finché alla fine qualsiasi azione risulterà inutile.

Lavoratori, dopo il licenziamento dei colleghi in staff leasing toccherà a noi. La multinazionale ha già deciso dove produrre l'elettrico. Non si può pensare che il governo faccia quello che la multinazionale non fa. Non possiamo continuare ad accettare passivamente che Pisa sia esclusa dai piani della multinazionale o che diventi una sede/presidio di un centinaio di "eletti". Dobbiamo organizzarci e provare a rivendicare che il lavoro derivante dallo sviluppo e dalla produzione dei componenti elettrici sia ripartito tra i vari siti, compresa Pisa, pretendendo il ritiro degli esuberi e la stabilizzazione di tutto il personale tramite la riduzione degli orari di lavoro.

Alziamo la testa e rispediamo a casa chi sta cercando di illuderci che dipenda tutto dal governo piuttosto che dalle nostre azioni.

Nei prossimi giorni proporremo una data per la ripresa della lotta.


26 novembre 2021

Rappresentanza Aziendale di Base 

USB Vitesco


giovedì 11 novembre 2021

Il 4 dicembre No Draghi Day, giornata nazionale di protesta del sindacalismo di base e conflittuale


Contro le misure economiche del governo Draghi Contro licenziamenti, privatizzazioni, delocalizzazioni e carovita Cortei regionali nelle principali città: la libertà di manifestare è un diritto democratico non negoziabile

La Legge di Bilancio prodotta dal governo Draghi conferma il nuovo e pesante attacco alle condizioni di vita dei settori sociali più deboli del paese mentre stanzia ulteriori risorse per le grandi imprese e le rendite finanziarie.


Si conferma la linea politica dell’aumento delle disuguaglianze, anziché invertire rotta.


Gli aumenti dei prezzi delle materie prime e dell’energia provocano un rincaro delle bollette e del caro vita che colpiscono lavoratori e lavoratrici, che hanno salari bloccati da contratti non rinnovati, pensionati e ancor peggio gli strati più poveri della popolazione, come i pensionati al minimo o i percettori del reddito di cittadinanza.


Sulle pensioni si mantiene il famigerato impianto della Fornero, quindi un rialzo dell’età pensionabile, anche se per ammorbidire si propone quota 102 per il prossimo anno, sempre molto al disotto delle aspettative anche per garantire un necessario ricambio generazionale. 


Sul Reddito di Cittadinanza si introducono misure per restringerne la platea e per forzare i percettori ad accettare qualsiasi lavoro: part time, a tempo determinato e a grande distanza dalla residenza. Sul fisco si preannuncia l’abolizione dell’IRAP, cioè dell’unica tassa ineludibile per le imprese, mentre le riduzioni per i lavoratori verranno indirizzate verso i redditi medio-alti (tra i 28 e i 55mila euro).


In una fase in cui è ormai operativo lo sblocco totale dei licenziamenti, crescono i morti sul lavoro e sono ancora visibili gli effetti pesantissimi della crisi pandemica, la manovra economica concentra le risorse sulle grandi imprese, esattamente con la stessa logica con cui si è elaborato il PNRR, e non si pone il problema drammatico della riduzione delle fortissime disuguaglianze sociali attraverso la redistribuzione del reddito.  Quasi inesistenti gli investimenti pubblici nei settori chiave della vita sociale, come sanità, scuola e trasporti urbani, fondamentali anche per contrastare, oltre ai necessari vaccini, la diffusione della pandemia. Non ci sono né sono previsti interventi per rialzare i salari in un paese dove è in forte crescita il lavoro povero. Viene inoltre riesumato il pericolosissimo progetto di autonomia differenziata, destinato ad aumentare le differenze territoriali e sociali. E ancora una volta non ci sono interventi sulla drammatica questione abitativa per incrementare l’offerta di alloggi popolari, né ci sono risposte al dramma degli sfratti.


A completare il piano di Draghi c’è invece il disegno di legge del governo sulla concorrenza che prepara una privatizzazione selvaggia di tutto ciò che resta ancora di pubblico nel nostro paese: dai trasporti locali all’energia, dall’acqua all’igiene ambientale, dai porti fino alla liberalizzazione dei taxi e ad un rilancio in grande stile della sanità privata. È l’apertura liberista definitiva alla ferrea legge del mercato, in spregio a qualsiasi preoccupazione per i diritti sociali, la salvaguardia dei beni comuni, il riequilibrio e la giustizia sociale. Una conferma della vuota retorica governativa in materia di salvaguardia dell’ambiente e di lotta al cambiamento climatico poiché mettere i beni comuni, a cominciare dalle risorse idriche ed energetiche, nelle mani delle grandi società private non potrà che favorire nuovi disastri ambientali ed abbassare ulteriormente le tutele in materia di salute e sicurezza di lavoratori e cittadini.


Con la legge di bilancio e il disegno di legge sulla concorrenza Draghi sta realizzando i diktat dell’Unione Europea e soddisfacendo tutte le richieste di Confindustria, senza incontrare alcuna vera opposizione sul piano politico e con il silenzio complice di Cgil, Cisl, Uil.


Forte del sostegno che ha da parte dell’intero arco parlamentare questo governo marcia compatto nella direzione di ridurre i diritti della classe lavoratrice, utilizzando le tecniche repressive del decreto Salvini e dando copertura alle azioni illegali da parte del padronato quando utilizza le squadracce pagate per picchiare lavoratori e lavoratrici in sciopero.


Il riuscito sciopero generale dell’11 ottobre, promosso da tutto il sindacalismo conflittuale e di base, con la sua piattaforma di lotta ha individuato con precisione i temi sui quali proseguire la mobilitazione. No ai licenziamenti e alle privatizzazioni. Lotta per il salario e il reddito garantito. Cancellazione della Legge Fornero, contrasto al carovita e ai diktat dell’Unione Europea. Rinnovi contrattuali e lotta alla precarietà per la piena occupazione. Forti investimenti per scuola, sanità, trasporti e previdenza pubblica, contro le spese militari e le missioni all’estero, a favore di una necessaria spesa sociale. Per un fisco equo che aggredisca le rendite e riduca le disuguaglianze sociali. Il programma di lotta dell’11 ottobre oggi esce rafforzato dai nuovi provvedimenti presentati da Draghi, che ne confermano l’indirizzo fortemente antipopolare.


È dunque urgente la costruzione di un vasto movimento popolare che contrasti con la mobilitazione e la lotta questo disegno autoritario destinato ad approfondire le disuguaglianze e ad aumentare la povertà.


Il sindacalismo di base propone e si impegna a costruire una Giornata di protesta nazionale per il prossimo 4 dicembre denominata “No Draghi Day” e invita, pertanto, tutti i movimenti e le realtà sociali e politiche a costruire la mobilitazione in forma unitaria e condivisa. La Giornata sarà caratterizzata da cortei regionali che avranno l’obiettivo di difendere la libertà di manifestare contro ogni odioso divieto a sfilare sotto i palazzi delle istituzioni.


ADL COBAS, CLAP, COBAS CONFEDERAZIONE, COBAS SARDEGNA, CUB, FUORI MERCATO, ORSA, SGB, SIAL COBAS, UNICOBAS, USB, USI-CIT


https://www.usb.it/leggi-notizia/il-4-dicembre-no-draghi-day-giornata-nazionale-di-protesta-del-sindacalismo-di-base-e-conflittuale-1610.html